
In autunno e inverno, mentre mangiamo le nostre due o tre mele giornaliere (per ora di un'azienda bio di amici mentre aspettiamo che in nostri giovani alberi entrino in produzione regolare), raccogliamo con cura le bucce e il torsolo per soddisfare due importanti fabbisogni casalinghi.
Il primo prevede l'incorporazione con altri scarti di cucina e la somministrazione a sei galline, che ricambiano il favore producendo proteine e carbonato di calcio (utile nell'orto) sotto forma di uova, e deiezioni fertilizzanti che facciamo compostare con paglia.
Il secondo processo è la produzione di aceto.
Semplicemente mettiamo le bucce e i torsoli in un grande vaso di vetro che man mano riempiamo d'acqua.
Il vaso deve avere il coperchio appoggiato sopra per lasciar entrare l'ossigeno e uscire l'anidride carbonica, essere coperto da uno strofinaccio scuro e mantenuto a temperatura ambiente (sopra il piano della cucina).
La fermentazione acetica inizia subito e quando il vaso è pieno di bucce e d'acqua, lasciamo a riposo per almeno un mese, dopodiché filtriamo grossolanamente il liquido (che è ancora torbido) dalle bucce esauste e acidule (che finiscono anch'esse nella dieta delle galline).
L'aceto in divenire rimane sempre in vaso di vetro o bottiglia con tappo aperto, al buio e alla temperatura ambiente, per concludere la fermentazione.
Dopo un mese il contenitore viene chiuso e spostato nella dispensa fredda per far depositare la sospensione e ottenere un aceto più limpido.
Dato che la produzione non continua tutto l'anno non ci interessa tenere la madre che si forma (che diamo sempre alle galline) e ogni volta ricominciamo il processo da zero.
Quando con la primavera la temperatura della dispensa comincia ad alzarsi spostiamo le bottiglie nel frigorifero.
Quello che otteniamo è un aceto molto delicato.