
Attualmente in questo forum ci sono persone di buona esperienza in vari campi, tra cui anche forni e crogioli, come Mastrovetraio, e spero si possa concludere qualcosa di più.
Abbiamo visto che per poter realizzare degli accumulatori autocostruiti bisogna eliminare alcune difficoltà. Una è quella dei contenitori, che debbono essere robusti e capienti, possibilmente, ma non necessariamente, trasparenti. Un'altra è quella di stabilire bene la forma e lo spessore delle piastre, cosa da cui dipenderanno la futura durata e la funzionalità. E una terza è quella di procurarsi diversi quintali di piombo..... Che attualmente non ha proprio dei prezzi "popolari".

Fino a qualche tempo fa era molto facile recuperare vecchie batterie d'auto, a volte purtroppo anche buttate vicino ai cassonetti o addirittura per i fossi. Adesso molto meno, in quanto con la penuria cronica di piombo vengono pagate un tanto al chilo, per cui meccanici e rivenditori fanno a gara a recuperarle. Comunque rimane ancora un modo per procurarsi del piombo a basso costo, poi alcuni di noi ne hanno ammucchiate diverse centinaia di chili in "posti sicuri", sia dal punto di vista ecologico e legale che dal punto di vista dei furti.
I primi tentativi che feci si limitavano al recupero del piombo metallico residuo in alcuni vecchi accumulatori, di quelli molto vecchi, con cassetta in ebanite nera. Ad onor del vero in quel tipo di accumulatori se ne recuperava parecchio: ponticelli molto grossi saldati ai pettini dei reofori delle piastre, pettini anche molto robusti, e piastre spesse un paio di mm, perciò con griglie di tutto rispetto. Una da 32Ah, ex Fiat 500D e l'altra ad occhio e croce (mancava qualsiasi etichetta) da 75-80Ah, da camioncino.
Mi scuso per le foto, non molto chiare, ma a quel tempo non avevo ancora una fotocamera e le facevo col cellulare. Sono in 640x480, non sempre nitide.
La batteria più grande:

La più piccola:

Naturalmente prima di procedere bisogna svuotarle accuratamente di tutto l'elettrolita. Per farlo basta metterle a testa in giù sopra una bacinella di plastica e lasciarle sgocciolare qualche ora, o meglio tutta una notte. Ne esce un liquido che dovrebbe essere incolore come l'acqua, ma di solito è sporco della polvere delle piastre interne, che con l'uso si sbriciolano, per cui è più o meno marrone, del colore dell'ossido di piombo che compone le piastre positive, che sono quelle che si rovinano di più. L'elettrolita esausto si può lasciar decantare bene, i sali di piombo sono molto pesanti e vanno velocemente in fondo, poi recuperare e conservare in una tanica di plastica. Con l'aggiunta di altro acido solforico e l'aiuto di un densimetro si può ripristinare la densità e riutilizzare. Oppure si può lasciar evaporare al sole o su una fonte di calore per fa restringere e addensare la soluzione fino alla densità giusta.
Per non correre rischi sarebbe meglio usare dei guanti di gomma spessa, da lavoro, se ne trovano dai ferramenta, proteggersi con un grembiule di gomma o comunque impermeabile, oppure usare vestiti antiacido, si trovano delle tute per elettrauto in tessuto che non si corrode. Attenzione agli schizzi, soprattutto sugli occhi, e usare tutte le precauzioni possibili, ricordiamoci che siamo in presenza di acido solforico e composti di piombo "non propriamente salutari".

Sarebbe bene anche effettuare un lavaggio interno con acqua prima di aprirle, riempiendole e vuotandole più volte, ma ognuno si può regolare come crede.
Queste vecchie batterie sono sigillate con catrame, per cui con un po' di attenzione si possono aprire facilmente. Si scalda lentamente il catrame, con una fiamma a gas messa al minimo, passandola delicatamente intorno ai coperchi, uno alla volta, e si asporta il catrame dalle fessure man mano che si fonde con un cacciavite a lama piatta. Scaldando lentamente e con precauzione, l'ebanite è una "gomma supervulcanizzata", ossia una gomma solida, e ha la spiacevole abitudine di ammollarsi prima e di prendere fuoco poi....


Tolto più catrame possibile e scoperti i ponticelli tra gli elementi, questi si debbono tagliare con una lama di seghetto, o anche la punta di una sega a sciabola per legno, che il piombo è molto tenero, poi dopo scaldato ulteriormente nelle fessure che contenevano il catrame si fa leva coi cacciaviti sotto i tronconi dei ponticelli e si sfilano con precauzione gli elementi dal contenitore.

Il primo elemento semi sfilato.

Si vede bene con quanta buona tecnologia venivano costruti quegli accumulatori..... Dopo almeno tre decenni passati tra fossi e discariche ancora si vedono i separatori integri (li ho tutt'ora conservati.....), e si vede anche quanto piombo veniva usato per i collegamenti.
Questa invece è quella più piccola, un po' più malandata, ma di certo non "disfatta" come succede a quelle di adesso.....

Di queste batterie non sono riuscito a recuperare integri i coperchi, in quanto fusi attorno ai passanti dei ponticelli. Per farlo si sarebbero dovuti forare i resti dei ponticelli in corrispondenza dei terminali tondi uscenti dai coperchi, con una punta di diametro adeguato, lavoro lungo e delicato, di incerta riuscita. A me non servivano, volevo solo recuperare il piombo. Adesso me ne sono pentito, che in quei contenitori avrei potuto tentare di ricostruire una batteria per mio uso e consumo.
Per recuperare il metallo, ma anche per curiosità mie e altrui, ho aperto delicatamente un elemento, separando le piastre e sfilandole dai separatori. L'elemento è composto da piastre positive (rosse) e piastre negative (grigie) intercalate tra loro e distanziate da separatori isolanti in plastica spugnosa antiacido.

Ecco le piastre, separate dal "pettine" di connessione.

Con un po' di pazienza mi bastò batterle leggermente su un secchio di ferro, facendo cadere i resti del materiele attivo e recuperando le griglie, che come si vede sono molto robuste, confrontate con quelle di adesso, mentre i ponticelli, i reofori coi pettini e i poli si sono potuti fondere così com'erano.
Parte del metallo recuperato.

Quì sotto il sistema usato per fondere il tutto. Una vecchia forgia da fabbro, il fondo di una bombola da 10Kg come crogiolo, una "lingottiera" fatta con ritagli di lamiera di ferro da 2mm, e un "lingotto" del peso di 5Kg.

La percentuale di piombo che riuscii a recuperare in questo modo non fu un granché:
Peso totale della batteria integra 36Kg
Peso della scatola vuota, dei separatori, delle briciole, dei coperchi e del catrame 10Kg
Peso del piombo ricavato 6Kg
Ossidi in briciole, tutto il rimanente.
Ovvia delusione, naturalmente, soprattutto dopo tutto il lavoro e la cura che ci avevo messo.
E' pur vero che in una batteria moderna, nonostante si rovinino e si sbriciolino di più di queste vecchie, è probabile che si possa ricavare una percentuale sul peso totale leggermente maggiore, in quanto i contenitori sono leggerissimi e molto più sottili, in confronto a quelli così vecchi in ebanite, ma il metallo resta sempre poco.
In compenso ho recuperato entrambi i contenitori, ancora in ottimo stato, lavati e puliti dal catrame con un po' di benzina sono tornati come nuovi, poi il gruppo dei separatori, di cui alcuni usati per questa prova quì: viewtopic.php?f=7&t=86#p809

In un secondo momento, arrovellandomi su come poter recuperare altro piombo da briciole ossidi e rimasugli vari, mi tornò in mente il sistema di "riduzione" col carbone, usato negli altiforni per convertire in ferro metallico gli ossidi dei minerali. Così mescolai uguali volumi di ossidi e briciole con carbone sbriciolato, e misi il miscuglio sui carboni accesi della forgia: appena arroventato il miscuglio dal foro inferiore dove soffia l'aria cominciò a colare piombo liquido. Il risultato fu di altri 4Kg di metallo recuperato, ricavato soltanto da parte degli avanzi, per cui decisi che avrei fatto presto altre prove.

Il resto al prossimo post.
