Cos'è il pellet. Produzione e impiego

Moderatori: Arex, CB900RED

Rispondi
Avatar utente
Arex
Amministratore
Messaggi: 7644
Iscritto il: 22 mar 2011, 11:50

Cos'è il pellet. Produzione e impiego

Messaggio da Arex » 27 dic 2013, 0:04

Un'interessante documento sul pellet:

IL PELLET:
NOTIZIE E INFORMAZIONI
SULLA PRODUZIONE E L’IMPIEGO
di Bernardo Hellrigl
Già Professore ordinario di Assestamento forestale,
presso l’Università degli Studi di Padova
Compagnia delle Foreste – Arezzo (I)
A U L A M A G N A
3
Supplemento sci e n t i f i c o d e g l i a p p r o f o n d i m e n t i d i
Sherwood – Foreste ed Alberi Oggi
Indice
Oggetto e limiti 1
Le materie prime per la fabbricazione del pellet di legno 2
Le caratteristiche merceologiche e fisiche del pellet 4
Il potere calorifico del pellet 7
La fabbricazione del pellet 13
Le normative di prodotto del pellet 16
Produzione e consumo di pellet in alcuni Paesi 21
Il costo del pellet e del riscaldamento a pellet 30
Il consumo di energia nella produzione del pellet 37
Le emissioni di carbonio nella produzione del pellet 43
Le emissioni di carbonio nell’impiego del pellet e
le concomitanti evitate emissioni di carbonio antico 49
Le emissioni inquinanti nella combustione del pellet 55
Acronimi impiegati nel testo 69
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 1 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
Il PELLET:
notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego
di Bernardo Hellrigl
OGGETTO E LIMITI
Da alcuni anni il pellet combustibile,
piccoli cilindretti costituiti da minuscoli
frammenti di legno pressati e bachelitizzati
in superficie, declamato dai produttori di
stufe e termocamini quale “combustibile
del futuro”, comodo, efficace, ecologico e
pulito, è conosciuto anche in Italia dove,
grazie anche a notevoli campagne
pubblicitarie sulle TV locali, sta trovando
un crescente numero di affezionati
apprezzatori.
Il grande interesse che sta suscitando il
pellet – consumo nazionale stimato
attorno alle 150-170 mila tonnellate annue
(Panvini, 2002; Paniz 2003) – risiede nel
fatto che esso permette un elevato grado
di automazione degli apparecchi e/o
impianti, che ne avvicina le modalità di
impiego a quelli alimentati da olio
combustibile, kerosene, GPL e – per il
solo esercizio – persino a quelli a gas
naturale. Questa importante proprietà del
pellet è dovuta alla particolare forma,
dimensione e omogeneità dei suoi
minuscoli elementi, che – similmente a
granaglie – possono venire convogliati al
forno di combustione per mezzo di
semplici congegni meccanici
(specialmente coclee), con tutti i
conseguenti vantaggi in fatto di
regolazione automatica, dosatura e
alimentazione continua.
Non è perciò più necessario essere in
casa per fare “partire” (o regolare)
l’impianto di riscaldamento o anche una
stufa, nel qual caso la ricarica del
combustibile (venduto anche al dettaglio in
sacchi di 15 chili) è possibile pure ad
apparato acceso, ma deve avvenire ad
intervalli piuttosto brevi, variabili da 2 a 3-6
giorni a seconda del modello, della
funzione della stufa (riscaldamento
principale o accessorio), dell’ampiezza e
della dispersione termica dell’ambiente da
riscaldare, nonché della temperatura
esterna. Per le caldaie “con serbatoio”
l’autonomia è di regola maggiore.
Per installazioni ”con deposito” adibite al
riscaldamento centralizzato di villette o di
condomini, il rifornimento del pellet può
invece avvenire in grandi quantità per
mezzo di apposite autobotti che lo
scaricano in un locale di deposito (anche
extramoenia) in comunicazione con la
caldaia, con modalità funzionalmente
analoghe a quelle del riempimento di una
cisterna di olio combustibile. In questo
caso un solo rifornimento è sufficiente per
un’intera stagione di riscaldamento, ma
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 2 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
per siffatte utenze il pellet subisce la
concorrenza del cippato di legno nei
confronti del quale è più caro ma per
alcuni versi (rarissimo bloccaggio del
sistema di alimentazione, assicurata
assenza di problemi di fermentazione e
richiesta di minore spazio di deposito) più
affidabile e comodo.
Meno diffusa, ma praticata anche da alcuni
produttori o distributori italiani, è la fornitura
in big-bag, che sono grandi sacchi di
materiale resistente, spesso di forma
parallelepipeda, che contengono quantità di
pellet variabili tra 500 e 1.500 kg.
Fatta questa introduzione, che mette in
risalto la comodità del riscaldamento a
pellet, si può passare alla descrizione di
questo (relativamente) nuovo tipo di
combustibile alternativo, della sua origine
e dei risvolti ambientali della sua
produzione, facendo però in questa sede
riferimento solo al pellet di legno1. Perciò
nel prosieguo, quando si dirà solamente
pellet, si intenderà sempre pellet di legno.
1 Da altri Paesi è nota l’esistenza di pellet
combustibili fabbricati con materiali molto diversi
(dalla paglia alle cortecce, dalla carta da macero al
Miscanthus), ma, a quanto si sa, tali prodotti non
vengono attualmente commercializzati in Italia,
benché qualche impiantista ne abbia sperimentato la
produzione per testare la versatilità delle sue
pellettizzatrici. Inoltre, vista la diffusione, in alcuni
Paesi, di briquette di lignite, non è da escludere che
pellet per uso combustibile vengano fabbricati
anche con tale materiale o con torba.
LE MATERIE PRIME PER LA
FABBRICAZIONE DEL PELLET DI
LEGNO
Stando alle attuali normative (ove
esistono)2 il pellet di legno deve essere
fabbricato con legno vergine
(naturbelassen, in natural state, untreated)
privo o quasi di corteccia, cioè con legno
non contaminato da altri materiali
(plastiche, colle, vernici, preservanti, ecc.)
come avviene invece nei pannelli
truciolari, nei compensati, nelle traversine
ferroviarie e in quasi tutti i tipi di “legno di
risulta” (Altholz) derivanti da demolizioni o
dalla dismissione di oggetti o manufatti di
legno (mobili, attrezzi, paleria, pallets,
cassettame, ecc.). Il materiale di partenza
per il pellet di legno “a norma” è oggi
generalmente costituito da trucioli di
piallatura (molto ricercati dai produttori a
causa della loro omogenea e bassa
umidità) e da segatura. Vengono però
impiegati pure altri cascami di segheria
(sempre vergini e senza corteccia), come
sciaveri, refili e troncature, oppure anche
scarti di alcune particolari industrie di
seconda lavorazione del legno che
impiegano solo materiale legnoso vergine,
come lo sono, ad esempio, il tavolame o i
semilavorati prodotti dalle segherie.
Laddove esistono specifiche severe
normative di prodotto per il pellet di legno,
per la sua fabbricazione non sono invece
consentiti gli scarti di mobilifici e
2 Se non altrimenti detto, si fa qui riferimento alla
vigente normativa austriaca (ÖNORM M 7135).
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 3 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
falegnamerie generiche che impiegano
anche pannelli di vario tipo3.
Questi “buoni” materiali di partenza
vengono prodotti in grande quantità (2-2,5
milioni di tonnellate all’anno di residui
legnosi vergini in Italia secondo le stime di
Federlegno-arredo [Cerullo e Pellegrini,
2002] e 2 milioni di metri cubi di segatura
in Austria [Auerbach, 2000], per non
parlare dei Paesi fennoscandici4), che
però non possono venire considerate tutte
fattibilmente disponibili per la
fabbricazione di pellet. Ciò in quanto nelle
varie industrie del legno è molto elevato
(e ancora crescente) l’autoconsumo degli
scarti per impiego energetico aziendale e
sul mercato di queste “materie prime
seconde” i produttori di pellet debbono
concorrere con i pannellifici e le cartiere.
Comunque, in Italia, all’attualità, i problemi
di approvvigionamento dei pellettifici non
sembrano legati alla disponibilità di
materiale ma piuttosto al suo prezzo e ai
costi di trasporto, in quanto sul mercato di
vendita i nostri produttori debbono
concorrere con il pellet di importazione.
3 In Italia, in mancanza di una normativa e
certificazione (nazionale) di prodotto, non si può
escludere che vengano fabbricati anche pellet con
legno variamente contaminato. Così pure è
possibile che vengano venduti pellet combustibili
fabbricati in altri Paesi con legno variamente
contaminato o con gli altri materiali di cui si è detto
nella nota 1.
4 Per la Svezia Elisabeth Du Rietz (2002) segnala
una disponibilità di segatura per impieghi esterni
alle segherie pari a circa 7-8 milioni di metri steri
con una domanda di circa 3,5 Mmst dell’industria
del pellet e di circa 2,5 Mmst da parte dei
pannellifici.
Sempre ancora a proposito della materia
prima, problemi di normativa a parte,
talvolta sembra poter notare una certa
remora nei riguardi del legno di bosco
(legno dei cedui e residui di lavorazione
boschiva delle fustaie) legata alla
presenza di una discreta quantità di
corteccia (che fa aumentare il contenuto in
ceneri e alcune emissioni di inquinanti5), al
più elevato costo del materiale e della sua
pellettizzazione, nonché all’incostanza del
contenuto idrico del “legno di bosco” e alla
sua qualità spesso multispecifica (in senso
botanico).
La necessità di pensare a rifornirsi di
materia prima direttamente in bosco però
sussiste chiaramente come testimoniano,
ad esempio le parole di Strehler (2000),
che scrive “A cospetto di crescenti livelli
del costo dell’energia, come ad esempio
quelli della Svezia (e potrebbe valere
anche per l’Italia, n.d.r.), può diventare
sensato essiccare e pellettizzare anche
cippato boschivo” e di Mickelsson (2002)
che riferisce di “molte ricerche per valutare
ulteriori materie prime”, fra cui annovera i
felling rests. Alla necessaria futura “ricerca
di nuove fonti di materia prima (scarti
agricoli e forestali e residui della
5 Il problema della corteccia va comunque tenuto
ben presente e studiato con attenzione anche oltre a
quanto riguarda la sua composizione chimica
naturale. Ciò in quanto questo tessuto – mantello
del corpo legnose – è sempre esposto all’ambiente
esterno e perciò può essere soggetto a deposizioni
di sostanze pericolose (metalli pesanti, arsenico,
zolfo, composti alogenati, ecc.) veicolate dall’aria,
con le precipitazioni o le nebbie.
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 4 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
lavorazione dell’industria alimentare)”
accenna pure Panvini (2002), il quale però
ritiene necessario “che vengano condotti
test rigorosi sulle materie prime e che sia
disponibile una normativa tecnica di
riferimento” alla cui redazione sta
attivamente lavorando il Comitato
Termotecnico Italiano (C.T.I. 2003). Ai
residui delle attività forestali e agricole fa
cenno pure Mezzalira (2002), che però ne
mette in risalto i maggiori costi di
approvvigionamento e di frantumazione.
Altrettanto vale per le potature e le
sostituzioni della frutticoltura e viticoltura –
messa particolarmente in risalto da Berton
(2002), presidente dell’AIEL
– che, tra l’altro, gli
agricoltori parrebbero spesso disposti a
cedere gratuitamente “in campo”. Prime
prove italiane in merito sono state fatte,
per potature di ulivo, dall’Istituto per la
Meccanizzazione Agraria di Roma,
avvalendosi della tecnica di
pellettizzazione sviluppata dalla EcoTree
System di Firenze.
Recentemente il problema della
produzione di pellet con i residui della
lavorazione boschiva è stato affrontato, in
relazione alle emissioni dannose, da
Olsson e Kjällstrand (2003) che
concludono che il pellet da legno vergine
dovrebbe venire riservato alle utenze
domestiche mentre quello “da bosco”
sarebbe più indicato per i grandi impianti
con purificazione dei fumi e con possibilità
di fare tornare la cenere in foresta.
LE CARATTERISTICHE
MERCEOLOGICHE
E FISICHE DEL PELLET
Gli elementi del pellet sono cilindretti di
minuscoli frammenti di legno (tipo
segatura molto fine o macinato
grossolano di legno) pressati e
bachelitizzati sulla superficie di
estrusione, di diametro generalmente
compreso tra 0,4 e 1 cm e di lunghezza
variabile da 0,5-1 a 4-5 centimetri6.
Omogeneo nell’ambito delle singole partite
(o produzioni), ma diverso fra queste, il
colore del buon pellet varia nell’ambito di
un’allargata accezione del bruno (da
giallognolo-bruno o grigiastro-giallino fino
al marrone carico) e dipende spesso più
dalla specie del legno impiegato che dal
processo di fabbricazione. La colorazione
del singolo cilindretto è generalmente
minimaculata (particelle più chiare fra una
maggioranza di elementi più scuri) per
motivi inerenti alle caratteristiche
cromatiche, grandi e minute, del materiale
impiegato7. Comune a tutti i pellet è poi
6 Nella normativa austriaca (ÖNORM M 7135) è
prevista anche una seconda categoria di pellet di
legno (HP2) di dimensioni maggiori (diametro 1-4
cm e lunghezza fino a 4 volte il diametro)
caratterizzata da una densità un po’ minore ma
comunque superiore a 1 g/cm3. Pare principalmente
destinata a impianti più grandi di quelli domestici o
dei piccoli condomini.
7 Colorazioni molto scure o comunque atipiche
possono fare supporre la presenza di elevate
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 5 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
una leggera lucentezza della superficie
cilindrica, la cui intensità varia a seconda
della tecnologia di produzione.
Fra le caratteristiche fisiche del pellet,
quella che maggiormente sorprende il
profano è l’elevato peso specifico dei
singoli cilindretti (1,2 g/cm3 secondo la
Energieagentur NRW e superiore a 1,12
g/cm3 secondo la normativa austriaca)
dovuto principalmente – nonostante il
basso contenuto di umidità residua e
l’inevitabile esistenza di interstizi fra i
singoli frammenti di legno – all’elevata
riduzione, per fortissima compressione,
della porosità del legno (= schiacciamento
e/o interruzione dei lumi cellulari, dei vasi
o delle tracheidi) e alla più elevata densità
dello strato bachelitizzato. Un buon pellet,
gettato in un bicchiere di acqua, deve
perciò andare a fondo, e a fondo
rimangono anche la maggior parte dei
frammenti nei quali in acqua può
sbriciolarsi; ciò in quanto, come insegna
Giordano (1955), il peso specifico della
“sostanza legnosa” anidra è uguale a circa
1,5 g/cm3.
Più ridotto, praticamente dimezzato, risulta
invece il “peso sterico”, ovvero il peso del
metro stero “riversato” (msr)8 del prodotto
aliquote di corteccia oppure di materiale scuro di
altro tipo, come erba, aghi o foglie.
8 In proposito si annota che per uniformità di
espressione anche nei confronti con l’estero, per le
misure volumetriche del legno e dei suoi
assortimenti si potrebbero impiegare i seguenti
nel suo insieme di elementi e interspazi,
per il quale in letteratura vengono riportati
valori oscillanti tra 600 kg/msr (Strehler,
2000) e 650 kg/msr (Energieagentur
NRW; Jonas e Haneder, 2001), mentre
da alcuni produttori e da Rapp (2002)
vengono indicati valori anche superiori.
Molto basso è poi sempre il contenuto
idrico (water content, Wassergehalt) del
pellet per il quale la normativa austriaca e
svedese prescrivono un limite superiore
del 10%, mentre diversi produttori
scendono anche attorno all’8%9.
Per quanto riguarda il tenore idrico, le
indicazioni riportate in letteratura o
indicate dai produttori però non sempre
sono interpretabili in maniera
scientificamente rigorosa, in quanto
spesso non è chiaro se si tratta di grado di
acronimi: mccc = metro cubo solido con corteccia;
mcsc = metro cubo solido senza corteccia; msa =
metro stero accatastato per il tondello; msi = metro
stero impilato per la legna da stufa e msr = metro
stero riversato (o “alla rinfusa”) per la misura del
volume di ammassi di cippato o pellet (e anche di
“legna da stufa” non impilata).L’impiego del solo
simbolo m3 può talvolta indurre incertezza o
confusione. Gli autori tedeschi impiegano per il msr
il termine Schüttraummeter (Srm).
9 Questo molto basso contenuto idrico non fa solo
risparmiare energia di evaporazione nella
combustione, ma dovrebbe anche ridurre
notevolmente, rispetto al più umido legno in ciocchi
e all’ancora più umido cippato, le emissioni di
composti delle categorie CxHy, TOC ed EOX (fra i
quali interessano, per ragioni diverse, il metano e i
composti PAK, PCB, PCDD e PCDF, lo HCB, il
PCP e altri ancora) che tanto hanno contribuito a
screditare il riscaldamento a legna praticato con le
attrezzature non corrispondenti ai livelli tecnologici
oggi raggiunti.
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 6 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
umidità (= Holzfeuchtigkeit = us = peso
dell’acqua rapportato percentualmente al
peso della sostanza legnosa anidra)
oppure di contenuto idrico (=
Wassergehalt = uu = peso dell’acqua
rapportato percentualmente al peso del
legno umido, spesso anche detto “peso tal
quale”)10. Dal punto di vista tecnicocalorico
questo elemento di incertezza che
spesso sussiste non è però – nella
fattispecie del pellet – di particolare
rilevanza pratica per il consumatore,
perché dai numeri riportati nella nota 10 si
può calcolare che il potere calorifico
(inferiore) di un pellet con contenuto idrico
dell’8% risulta inferiore a quello di uno con
grado di umidità dell’8% solo di 0,87%.
Le indicazioni sulle confezioni (o nei
depliant informativi) dei produttori italiani -
precedute da locuzioni o termini come
“umidità contenuta”, “umidità”, ecc. -
riportano valori che spesso spaziano tra
5,2 e 8%.
A proposito dello stato idrico del pellet è
poi opportuno aggiungere che esso è
comunque sempre inferiore alla misura di
us = 12-15%, che secondo Giordano
(1955), segna un valore di riferimento
dello stato di equilibrio dell’umidità del
legno con l’umidità media di un ambiente
10 Per fornire un ordine di grandezza della
differenza fra le due misure dell’umidità nell’ “area
pellet”, si annota che ad us = 8% corrisponde uu =
7,41%, mentre uu = 8% equivale a us = 8,70%.
protetto o almeno coperto, e circa uguale
a quello di us = 7-8% riportato da Vorreiter
(1949) per oggetti e manufatti di legno
nelle abitazioni riscaldate (zimmertrocken).
Perciò il pellet potrà conservare totalmente
integro il suo basso stato igroscopico solo
in contenitori sigillati (tipo sacchi di
plastica), mentre potrà assorbire umidità
ambientale se è a diretto contatto con
l’aria, come accade per il pellet sfuso nel
deposito di casa. Aumenti di umidità
possono verificarsi anche per il pellet
confezionato in sacchi di carta non
plastificata.
Interessanti studi in merito, condotti in
Svizzera da Hasler e Nussbaumer (2001)
su campioni di pellet di provenienza
svizzera e austriaca, hanno portato alla
conclusione che, a contatto diretto con
aria a temperatura media di 18-26 C° e
umidità relativa oscillante tra 52 e 76%, il
grado di umidità del pellet, dopo un mese
circa, si stabilizza attorno ad un valore di
us = 11%.
Con un siffatto possibile aumento
dell’umidità del pellet diminuisce il suo
potere calorifico (kWh/kg) e cresce, ma
meno sensibilmente, il suo peso specifico
(kg/dm3). Comunque l’energia ricavabile
dal pellet inumidito diminuisce solamente
dalla quantità necessaria per fare
evaporare l’acqua aggiuntiva. Dato che
questa perdita di energia netta erogabile
Espresso in formule invece è: uu% = (100 us%) :
(100 + us%) ed us% = (100 uu%) : (100 uu%).
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 7 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
nella combustione non è elevata11, si può
ritenere che gli avvisi del tipo “custodire in
luogo asciutto” che generalmente si
leggono sui sacchi di pellet riguardano più
la perdita di consistenza del prodotto che
non la diminuzione del suo contenuto di
energia netta.
In proposito si può ricordare che, secondo
le sopra citate sperimentazioni di Hasler e
Nussbaumer, su 10 tipi di pellet esaminati
(6 svizzeri con diversi leganti, 2 svizzeri
senza leganti e 2 austriaci senza leganti),
a seguito di un aumento del contenuto di
umidità solo uno (il peggiore in partenza)
vede diminuire l’aliquota di particolato
sfregabile (Abrieb, Feinanteil) mentre negli
altri tale componente negativa per i
meccanismi di adduzione del combustibile
aumenta anche del 50%. In definitiva,
dopo l’aumento dell’umidità, solo 4 dei 10
campioni esaminati (due svizzeri e i due
austriaci) rimangono sotto alla soglia di
sfregabilità della normativa austriaca.
11 Nel caso di aumento del 50% del contenuto idrico
di un pellet medio (che così passerebbe dall’8% al
12%), la perdita di energia utile erogata nella
combustione di 1 kg (originario) di pellet sarebbe
uguale solamente a 0,04 kgH2O 0,68 kWh/kgH2O
= 0,027 kWh che corrisponde a circa il 0,58% del
contenuto calorico utile del prodotto originario con
contenuto idrico dell’8%. Perciò un certo aumento
dell’umidità del pellet nel deposito di casa o
l’acquisto di pellet inumidito in sacco di carta
prepesato (a uu = 8%) non comporta particolare
danno. La diminuzione del potere calorifico
inferiore, a causa anche dell’aumento di peso di
0,04 kg (di acqua), sarebbe invece pari a ben
4,98%, e il pellet così “umidificato” certo non
potrebbe essere venduto (con pesatura alla
consegna) come pellet con uu = 8%.
Assolutamente da evitare è comunque la
conservazione del pellet in cantine con
muri umidi oppure la sua esposizione alla
pioggia, sotto la cui influenza i cilindretti
finirebbero anche a sbriciolarsi.
Sulle confezioni dovrebbero poi essere
riportate anche indicazioni riguardanti il
contenuto di ceneri e l’aliquota di polveri.
In proposito, i livelli massimi riportati dalla
normativa austriaca sono di <0,5 (0,8)%
per le ceneri e di <2,3% per il previsto test
di abrasione.
IL POTERE CALORIFICO DEL PELLET
Passando più organicamente al cruciale
argomento del potere calorifico del pellet,
è opportuno premettere che – visto il tipo
di apparecchiature in cui viene
generalmente impiegato – è opportuno
argomentare sempre in termini di potere
calorifico inferiore (p.c.i.).
Ciò premesso si può poi osservare che il
potere calorifico del pellet – nella sua
ordinaria forma di espressione riferita
all’unità di peso “tal quale” (kWh/kg o
MJ/kg) – dipende solamente dalla
costituzione chimica della “sostanza
legnosa” di cui è formato (a causa della
quale, per le diverse specie botaniche,
varia, relativamente di poco, il potere
calorifico del legno allo stato anidro12) e
dal contenuto di umidità che gli è proprio.
Il peso specifico (g/cm3) invece entra in
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 8 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
gioco solo quando (eventualmente) il
potere calorifico del pellet viene espresso
in riferimento (più incerto) all’unità
volumica del metro stero riversato
(kWh/msr oppure MJ/msr).
In base a ciò – se, in un calcolo di
inquadramento, per la sostanza legnosa
anidra si assume un potere calorifico
inferiore pari a 5,2 kWh/kg (Jonas e
Haneder, 2001; Schneider, 2001) e per il
pellet si considera un contenuto idrico pari
all’8% – si può ragionare e calcolare come
segue:
1. in 1 kg di pellet dal contenuto idrico
dell’8% sono contenuti 0,92 kg di
sostanza legnosa anidra che
detengono 0,92 kg x 5,2 kWh/kg =
4,784 kWh = 4.114 kcal = 17,2 MJ di
energia chimica sviluppabile;
2. nello stesso kilogrammo di pellet
sono contenuti 0,08 kg di acqua, la cui
evaporazione nella combustione
consuma 0,08 kg x 0,68 kWh/kg =
0,054 kWh = 46,4 kcal = 0,194 MJ di
energia termica sviluppabile;
3. a questo generico pellet
afferisce perciò un potere calorifico
inferiore uguale a 4,784 – 0,054 =
4,730 kWh/kg = 4.068 kcal/kg = 17 MJ
(13);
12 Queste variazioni verranno esposte più avanti
nella tabella 1.
13 Applicando la formula generale riportata da
Hartmann (2000) per i biocombustibili solidi,
espressa da p.c.i. (in MJ/kg) = [18,5 (100 – uu%)
– 2,441 uu%] : 100, si ottiene 16,8 MJ/kg = 4,67
4. per ottenere l’energia termica lorda
sviluppata nell’impianto di
combustione, da questa quantità è poi
ancora da detrarre l’ammontare del
calore di surriscaldamento del vapore
(1,92 kJ/kg per °C), che però assume
una certa rilevanza solo se i fumi
escono dall’ “area utile” con
temperatura molto elevata.
Da un esame superficiale di queste cifre
potrebbe sembrare che il contenuto idrico
influisca solo molto marginalmente sul
potere calorifico del pellet. In realtà però
non è così. Infatti, se da un lato è vero che
l’aumento del contenuto idrico di 1 punto
percentuale (= 10 grammi di acqua per
chilogrammo di pellet) costa pochissimo
in termini di calore di evaporazione
(solo 0,0068 kWh = 5,85 kcal = 24,45 kJ),
dall’altro canto la correlata diminuzione di
un punto percentuale, cioè di 10 grammi,
della quantità di sostanza legnosa anidra
contenuta nel chilogrammo di prodotto “tal
quale” costa quasi 8 volte tanto, ovvero
kWh/kg. Si è voluto ricordare questo algoritmo
generalmente solo riportato nella sua versione
grafica, perché con le opportune (piccole)
modifiche numeriche legate al potere calorifico
inferiore del legno delle diverse specie, è molto
utile per il calcolo del potere calorifico inferiore del
pellet, del cippato e della legna per i diversi valori
del contenuto idrico. Per queste applicazioni la
formula può venire impiegata anche come p.c.i. (in
kWh/kg) = [5,2 (100 – uu%) – (0,68 uu%)] : 100.
Questa seconda formula fornisce però risultati
leggermente superiori (circa dell’1,2%) dalla
precedente, perché mentre 5,2 kWh è maggiore di
18,5 MJ, 0,68 kWh risulta praticamente uguale a
2,441 MJ.
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 9 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
0,01 kg x 5,2 kWh/kg = 0,052 kWh = 44,7
kcal = 186,8 kJ14.
L’influenza del contenuto idrico del pellet
sul suo potere calorifico è opportunamente
dribblata dalla normativa austriaca, che
riferisce il suo minimo di potere calorifico
inferiore (18 MJ/kg) al peso anidro (atro,
water free) del pellet.
Di una certa importanza per il potere
calorifico del pellet è poi, come già
accennato, la composizione e la struttura
del legno impiegato per la sua
fabbricazione, in quanto i suoi vari
componenti hanno poteri calorifici molto
diversi (relativamente basso quello della
cellulosa, [circa 4.000 kcal/kg] più alto
quello della lignina [circa 6.000 kcal/kg] e
più elevati ancora quelli di resine,
sostanze oleose e zuccherine, gomme,
latici, ecc.). Un altro fattore che pure
condiziona (leggermente) il p.c.i. del legno
anidro è dato dall’energia necessaria per
far evaporare l’acqua che si forma per
ossidazione dell’idrogeno contenuto nel
legno, che oscilla (leggermente) attorno al
14 Per inciso si può annotare che la perdita di potere
calorifico di una dendromassa (concetto che include
tanto il pellet quanto il legno solido o cippato)
all’aumentare di un punto percentuale (p.p.) del suo
contenuto idrico è costante in valore assoluto (circa
0,21 MJ/p.p. = 50,2 kcal/p.p. = 0,058 kWh/p.p.,
mentre la perdita percentuale risulta crescente
all’aumentare del contenuto idrico di partenza. Così
per una dendromassa il cui contenuto idrico passa
dall’8% al 12% il potere calorifico (calcolato con la
formula secondo Hartmann) diminuisce del 4,98%,
mentre un passaggio del contenuto idrico dal 18 al
22% comporta un calo del potere calorifico pari al
5,69%.
6%. E’ una quantità di acqua non
indifferente se si pensa che 1 kg di legno
anidro (LA) ne sviluppa circa 0,06 kg
H2O/kgLA x 9 g.molH2O/g.molH2 = 0,54kg
di acqua, cioè tanta quanto ne contiene di
acqua di saturazione e imbibizione 1 kg
della stessa dendromassa con umidità
uguale al 54%.
Diversa è poi anche la composizione dei
vari tessuti (conduttivo, parenchimatico e
meccanico, alburno e durame, legno
primaverile e autunnale, ecc.). Perciò il
legno (o, meglio, la “sostanza legnosa”) di
ogni specie botanica possiede, in senso
medio-statistico, un proprio potere
calorifico inferiore che, secondo Autori
classici citati da Vorreiter (1949), può
oscillare – per legno anidro di fusto – del
6-7% attorno alla media risultante da un
elevato numero di prove calorimetriche
effettuate su campioni di diverse specie,
provenienze ed estrazione.
Entrando più nel dettaglio del potere
calorifico del legno delle varie specie con
cui può venire fabbricato il pellet, pare
anzitutto opportuno ricordare la differenza,
per le nostre latitudini, tra resinose e
latifoglie, sempre messa in evidenza da
Guglielmo Giordano . Partendo dai
numerosi e approfonditi studi di questo
grande Maestro italiano della tecnologia
del legno, risulterebbe che, le due
categorie dendrologiche si
distaccherebbero da una generica media
generale, di circa 3-3,5%. Basandosi
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 10 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
Nota Le denominazioni non specifiche (Acero, Quercia e Olmo) sono trascritti come riportati da Kollmann.
Tabella 1 - Poteri calorifici inferiori, in MJ/kg, della legna da ardere (spacconi e tondelli) delle più
importanti specie arboree europee o coltivate in Europa. Da Kollmann (1951)
su questa distinzione e sul calcolo dianzi
esposto risulterebbero perciò due valori
generici e orientativi per il potere calorifico
inferiore di pellet con contenuto idrico
dell’8%, corrispondenti grosso modo a
3.900-4.100 kcal/kg per pellet di resinose
e 3.700-3.900 kcal/kg per pellet di
latifoglie. Si tratta però di una “regola” non
generalizzabile, in quanto, per esempio,
secondo Vorreiter (1949), i poteri calorifici
inferiori della betulla e della robinia sono
maggiori di quelli dell’abete e del pino
silvestre. Ciò però non è confermato da
Kollmann (1951) che, per la legna da
ardere riporta i valori raccolti nella tabella 1,
che a loro volta differiscono da quelli
calcolati o segnalati più recentemente da
diversi Autori15.
15 Sempre per quanto riguarda i poteri calorifici
inferiori del legno delle singole specie, Schneider
Dai valori calcolati dai diversi studiosi
emerge comunque che il potere calorifico
inferiore delle singole specie legnose non
è correlato al loro peso specifico
(apparente), in quanto quest’ultimo
dipende molto più dalla porosità del legno
che non dai caratteri chimico-energetici
della “sostanza legnosa”.
(2001) riporta valori massimi (15,9 MJ/kg ad uu =
15%) non solo per la picea (che fa onore al suo
nome), ma anche per l’abete che non contiene
resina. Il valore più basso (14,4 MJ/kg) viene
invece segnalato per il faggio e relativamente bassi
risultano anche i poteri calorifici di altre specie a
legno pesante (come la robinia e l’olmo) per i quali
è riportato lo stesso p.c.i. del pioppo (14,8 MJ/kg,
sempre per uu = 15%). Simile è anche la gerarchia
calorifica riportata in un grafico da Jonas e Haneder
(2001), che vede in testa l’abete bianco, il pino
silvestre e la betulla e in coda il pioppo e il carpino.
Salice bianco 17,06 Olmo 18,47
Ontano bianco 17,29 Tiglio 18,70
Carpino bianco 17,29 Castagno 18,81
Pioppo nero 17,58 Robinia 18,93
Cerro 17,62
Acero 17,74 Larice 19,04
Ontano nero 17,99 Douglasia 19,15
Quercia 18,04 Abete bianco 19,19
Frassino 18,09 Abete rosso 19,32
Betulla 18,11 Pino silvestre 19,47
Faggio 18,34 Pino strobo 20,28
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 11 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
COMBUSTIBILE POTERE CALORIFICO INFERIORE
uu% kWh/kg kWh/l kWh/m3 kWh/msi kWh/msr
CONTENUTO
CARBONIO
Pellet us = 9% 8,26 4,70 3060 0,50%
Legna di ceduo us = 25% 20,00 3,98 2920 2480 0,50%
Legna di ceduo us = 18% 15,25 4,25 3040 2580 0,50%
Cippato di ceduo us = 70% 41,18 2,74 2670 940 0,50%
Cippato di ceduo us = 50% 33,33 3,20 2750 960 0,50%
Cippato di ceduo us = 30% 23,08 3,80 2840 990 0,50%
Cippato di pioppo us = 120% 54,55 1,97 1340 470 0,50%
Cippato di pioppo us = 50% 33,33 3,20 1480 520 0,50%
Cippato di pioppo us = 30% 23,08 3,80 1530 540 0,50%
Gasolio 11,86 10,19 0,86%
Olio combustibile 11,40 10,34 0,85%
Gas naturale (Italia) (1bar) 13,50 9,59 0,76%
G.P.L. 12,80
Carbone fossile (stat. int.) 8,14 0,92%
Carbone di legno 8,72 0,90%
NOTA Si ricorre alla prassi seguita da diversi Autori autorevoli di esprimere il potere calorifico inferiore dei combustibili in kWh
termici; 1 kWht = 860 kcal = 3,6 MJ. Per pellet a legno p.c.i. è stato calcolato con la prima formula di nota 13. Per il pellet, la
legna e il cippato la percentuale di carbonio è riferita al materiale anidro.
Tabella 2 - Poteri calorifici inferiori e contenuti di carbonio del pellet e di altri combustibili.
Viste queste sostanziali differenze
risultanti anche da fonti bibliografiche
autorevoli, non appare certamente
ragionevole calcolare il p.c.i. di un pellet
ad un (dichiarato) tenore idrico partendo
da un valore (medio) del p.c.i. del legno
allo stato anidro reperito in letteratura.
Tale valore deve invece venire accertato
da rigorose analisi di laboratorio (da
eseguire sulle diverse “partite” di pellet)
che per il pellet certificato devono venire
eseguite da laboratori indipendenti
secondo precisi protocolli previsti (o da
prevedere) nelle normative o nei loro
collegati. Tali analisi terranno poi
implicitamente anche conto del fatto che la
“composizione” del legno pellettizzato
potrà non essere del tutto identica a quella
del legno vergine da cui deriva. Ciò in
quanto, alle temperature raggiunte nelle
diverse tecnologie in certi momenti della
fabbricazione, sostanze ad elevato potere
calorifico possono perdere le loro
componenti più volatili, e che il potere
calorifico del pellet può pure essere
influenzato dalla composizione delle
(eventuali) sostanze agglutinanti (farine di
cereali, amido, ecc.) che possono essere
aggiunte al legno.
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 12 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
PELLET UU8,3%
kg
GASOLIO
litri
GASOLIO
kg
OLIOCOMB.
kg
GASNAT.
m3
G.P.L.
kg
CARBONE
kg
1 kg di pellet us = 9% equivale a 1,00 0,46 0,40 0,41 0,49 0,37 0,58
1 litro di gasolio equivale a 2,17 1,00 0,86 0,89 1,06 0,80 1,25
1 kg di gasolio equivale a 2,52 1,16 1,00 1,04 1,24 0,93 1,46
1 kg di olio combustibile equivale a 2,43 1,12 0,96 1,00 1,19 0,89 1,40
1 m3 di gas naturale equivale a 2,04 0,94 0,81 0,84 1,00 0,75 1,18
1 kg di G.P.L. equivale a 2,72 1,26 1,08 1,12 1,33 1,00 1,57
1 kg di carbone equivale a 1,73 0,80 0,69 0,71 0,85 0,64 1,00
p.c.i. (kWh/quantità) 4,70 10,19 11,86 11,40 9,59 12,79 8,14
Tabella 3 - Quantità di pellet e combustibili fossili che contengono il medesimo quantitativo di energia
chimica nominale, e cioè: 4,70 kWh = 16.920 kJ = 4.042 kcal.
Prima di terminare l’argomento sul potere
calorifico sembra opportuno evidenziare i
p.c.i. di alcuni altri combustibili coi quali il
pellet (standard con us = 9%) entra in più
diretta concorrenza sul mercato del calore.
A tal fine è stata approntata la tabella 2
nella quale le equivalenze energetiche
sono intese in termini fisico-chimici (cioè
senza considerare eventuali differenze di
rendimenti alla combustione dovute a
motivi tecnologici) e i cui numeri sono da
intendere come valori orientativi o
convenzionali. Ciò vale in particolare per
la colonna kWh/m3, nella quale per il legno
del ceduo è stata adottata una massa
volumica anidra di 660 kg/m3 (con
coefficiente di ritiro volumetrico uguale a
15%) e per il cippato di pioppo una di 340
kg/m3, con coefficiente di ritiro volumetrico
uguale a 10%. E vale ancora
maggiormente per le colonne kWh/msi e
kWh/msr per il calcolo dei cui valori (per i
biocombustibili) è stata necessaria pure
l’adozione di medie generali per i molto
dispersi coefficienti sterici di impilamento
per la legna da stufa (0,85%) e di
riversamento per il pellet (0,65%) e per il
cippato (0,35%).
Dai valori esposti nella tabella 2 emerge
che per confronti “a spanne” si può
ritenere che:
•1 chilogrammo di gasolio o di olio
combustibile può venire
nominalmente16 sostituito da 2,5 kg di
pellet;
•1 litro di gasolio può venire
nominalmente sostituito da circa 2,2
kg (o di circa 3,3 decimetri steri
riversati) di pellet;
•1 m 3 di gas naturale (a 1 bar) può
venire nominalmente sostituito da circa
2 kg di pellet.
Valori più precisi dell’equivalenza
energetica del pellet (con us = 9%) con i
16 La locuzione “nominalmente” sta per “a parità di
rendimento termotecnico”
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 13 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
principali combustibili fossili concorrenti
sono riportati nella tabella 3.
LA FABBRICAZIONE DEL PELLET
La tecnologia della fabbricazione del pellet
di legno deriva dalla molto più antica
impiantistica dell’industria mangimistica
dalla quale, secondo Leitgeb (1998) si è
distaccata circa 25 anni fa negli Stai Uniti
ad opera di Rudi Gunnermann. Il primo
decennio è stato costellato di difficoltà
nella vendita, in quanto appariva sul
mercato un combustibile nuovo per il
quale non esistevano ancora stufe e
bruciatori specifici e perché la
pellettizzazione del legno è tecnicamente
difficile nel dettaglio gestionale. “Spesso
l’ottimizzazione della produzione dipende
da un leggero giro di una manopolina”,
dice ancora Leitgeb.
In maniera molto schematizzata e con
riferimento alle linee di processo e ai tipi di
macchinario più frequentemente impiegati,
il rapporto Wood pellets in Europe (AA.
VV., 2000)17 divide il processo di
fabbricazione del pellet nelle seguenti sei
fasi fondamentali: essiccazione, triturazione,
pellettizzazione, raffreddamento, separazione
e immagazzinamento/insaccamento.
L’essiccazione – necessaria per ridurre il
contenuto idrico (moisture content) di
materiale eventualmente più umido alla
17 Nel proseguio questo corposo documento verrà
chiamato Rapporto UMBERA, facendo riferimento
alla Società Editrice che ha anche collaborato
sostanzialmente alla sua realizzazione.
misura ottimale per la pellettizzatrice (8-
10%, secondo il rapporto UMBERA, 10-
12% secondo Leitgeb, 1998 e 11-15%
secondo Sitzmann, 2000) – può essere
eseguita con procedimenti diversi e
comporta sempre un dispendio di energia
che dipende dalla quantità di acqua da
eliminare e dalla tecnologia impiegata per
l’essiccazione. Fra i vettori energetici
impiegati nell’essiccazione in tamburi
rotanti il Rapporto UMBERA indica il legno
o il gas naturale, ma, forse più spesso,
trovano impiego il gasolio o l’olio
combustibile. Comunque è la fase di
lavorazione a più ampio range di consumo
energetico, il quale nei casi più sfavorevoli
e nelle tecnologie più dispendiose può
arrivare anche ad assorbire fino a 4/5 della
complessiva energia di processo.
La triturazione serve per ridurre il
materiale di partenza (trucioli di pialla,
segatura, cips, o anche elementi legnosi
più grossi) in particelle molto minute e
uniformi, con grado di finezza che dipende
anche dal diametro dei pellet che si vuole
produrre. Spesso vengono impiegati mulini
a martello alimentati da corrente elettrica e
il calore e la ventilazione che vengono
prodotti possono provocare una leggera
(aggiuntiva) diminuzione del contenuto
idrico. Se il materiale di partenza è molto
massiccio (pallets, elementi di imballaggi,
sciaveri, refili, residui forestali o agricoli,
ecc.) è necessaria una preventiva
frammentazione o cippatura (precedente
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 14 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
all’essiccazione) seguita da uno o due
processi di triturazione. Se invece il
materiale ha già una grana inferiore ai 3
mm anche la triturazione può essere
evitata.
Nella pellettizzatrice, che agisce per
compressione e con riscaldamento,
l’elemento principale è costituito da stampi
perforati (comuni a tutti i processi di
estrusione) cilindrici o piani, detti anche
matrici, attraverso i cui fori il particolato
legnoso viene spinto ad elevata pressione
(fino a 200 atmosfere) con idonei sistemi a
rulli18. Negli impianti con matrici cilindriche
l’estrusione generalmente avviene
dall’interno verso l’esterno, ma esistono
anche pellettizzatrici con direzione di
estrusione opposta. Gli “spaghettoni” di
materiale compresso e bachelitizzato (in
superficie) che fuoriescono dai fori delle
matrici vengono tagliati alla lunghezza
voluta da apposite lame generalmente
fisse. Talvolta è prevista l’aggiunta di
leganti, che, se non addirittura vietati dalle
18 Dato che il particolato legnoso essiccato a uu<
15% è difficile da addensare e può condurre a
ostruzioni dei fori delle matrici, per agevolare e
ottimizzare la pellettizzazione è molto opportuno
“condizionare” il particolato essiccato con un
adeguato trattamento con vapore surriscaldato
(Leitgeb, 1998; Sitzmann, 2002). Ciò può sembrare
un controsenso perché prima si toglie umidità e poi
se ne riporta, ma così non è. Infatti l’acqua tolta nel
segmento finale dell’essiccazione è di saturazione
(o “igroscopica”), mentre quella poca aggiunta è di
inumidimento e serve per rendere più deformabili
le scheggine di legno. Inoltre l’elevazione della
temperatura durante il condizionamento serve per
agevolare la successiva fluidificazione della lignina.
normative, debbono comunque essere
sempre “naturali” nel pellet certificabile,
perché come agglomerante agisce la
lignina mobilizzata dall’aumento della
temperatura provocato dall’attrito durante
l’estrusione19.
Il raffreddamento del prodotto estruso e
tagliato a misura è una parte importante
del processo di fabbricazione del pellet
(che esce dalle pellettizzatrici ordinarie
con temperature attorno ai 90-95 °C) in
quanto “ aiuta a stabilizzare e indurire il
pellet”.
La “separazione”, non sempre eseguita,
serve invece per eliminare dal prodotto
commerciale il particolato non legato nei
cilindretti, che viene reimmesso nel
sistema di estrusione. E’ comunque
un’operazione necessaria per migliorare la
qualità globale del prodotto.
Altrettanto vale per la fase di
insillamento/insaccamento, in quanto una
prolungata esposizione all’aria aperta del
prodotto finito comporterebbe, nei giorni
nebbiosi o piovosi, una certa diminuzione
del potere calorifico, della quale – qualora
avvenisse – il produttore dovrebbe tenere
conto nella “dichiarazione” del pellet, dato
che la vendita avviene “a peso”. Inoltre,
più in generale, un aumento del grado di
umidità comporta anche una diminuzione
19 Fra i possibili leganti insospettabili possono
comunque venire presi in considerazione farine di
cereali e l’amido, ma i costi del prodotto
aumentano; spesso è nominato anche il sulfonato di
lignina, sottoprodotto dell’industria cartaria.
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 15 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
della resistenza allo sfregamento che è
una caratteristica molto importante del
prodotto.
In concreto, molti impianti hanno
caratteristiche peculiari e proprie legate a
fattori economici (prezzi dei diversi vettori
energetici), tecnici (tipo di materiale
impiegato e possibilità di cambiarlo) e
tecnologici (diversi produttori apportano
spesso modifiche ai loro impianti per
aumentarne la capacità produttiva o per
diminuire le spese). Importante in questo
senso sono anche le caratteristiche della
specie di legno impiegata (particolarmente
per la sua durezza e il contenuto di resina)
e persino la sua provenienza. Così,
ancora secondo Leitgeb (1998), il legno di
larice “si pressa quasi da solo”, mentre
quello di faggio “ti spezza il collo”. Facile
da pellettizzare sono anche i legni di pino
silvestre e di abete rosso (Sitzmann,
comunicazione personale) che sono le
specie più largamente impiegate in
Europa.
Comunque la pellettizzazione è molto più
complessa di quanto possa apparire dalla
fisica del processo e in proposito
Sitzmann (2002) afferma
“Holzpellettierung ist nicht trivial !”. Infatti,
le reazioni chimiche che avvengono a
carico delle sostanze contenute nel legno
o negli additivi sono numerose, complesse
e in parte interconnesse. Così, ad
esempio, mentre le sostanze grasse o
cerose hanno preminente funzione di
lubrificazione, dagli additivi amilacei o
saccarini (come la fecola di mais o la
melassa), specie sotto l’azione catalitica di
piccole quantità di acido ossalico, deriva il
5-idrossimetilfurfurato che, assieme alla
lignina, è di massima importanza nei
fenomeni di compattazione. Azione simile
ha anche la condensazione fenolica della
formaldeide che deriva dalle sostanze
tanniche. Effetti positivi possono avere
pure piccole aggiunte di corteccia, che
contiene, tra l’altro, proprio composti
lipidici, cerosi e polifenolici.
Infine si annota che in circostanze molto
favorevoli le fasi iniziali possono essere
anche evitate se, ad esempio, si può
partire da particolato legnoso a grana
molto fine (polvere di legno) e contenuto
idrico non superiore al 10-15%.
Un nuovo procedimento, che ricorda il
vecchio sistema italiano della produzione
della “Masonite”, è stato sviluppato e
sperimentato recentemente dalla Cambi
Bioenergi Vestmarka, maggiore produttore
norvegese di pellet. Il materiale di
partenza, costituito da segatura, è
precondizionato in un’autoclave nella
quale viene dapprima saturato di vapore
ad elevata pressione e temperatura e poi
fatto “esplodere” aprendo
improvvisamente l’apparecchiatura. Con
questa repentina diminuzione della
pressione il materiale legnoso viene ridotto
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 16 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
in fibre e nell’ambito del processo viene
anche ammorbidita la lignina, che così può
successivamente svolgere in maniera
ottimale il suo essenziale ruolo di
bachelitizzazione superficiale del pellet. Il
prodotto risulta di eccellente qualità, con
più elevato peso specifico (densità di 850
kg per metro stero riversato), maggiore
durezza e durabilità. Inoltre risulta
raddoppiata la capacità oraria della
pellettizzatrice e dovrebbe risultare poco
influente l’umidità del materiale di
partenza.
Un altro procedimento innovativo, teso
non solo a minimizzare il consumo di
energia, è stato sviluppato dalla toscana
EcoTre System. L’estrusione a
temperatura relativamente bassa, 50-60
°C, permette di bypassare il
raffreddamento nel contesto di un
processo originale e brevettato che – nella
produzione di pellet di legno – può
impiegare, oltre a trucioli di piallatura ben
secchi, non solo segatura e cips con
umidità del 30 -35%, ma anche potature
agricole20. Il pellet (ordinariamente
prodotto con diametro di 6 mm e
lunghezza media di 12 mm, aumentabile
20 Si è specificato “nella produzione di pellet di
legno”, perché – come anche altri – si tratta di un
macchinario molto versatile che può pellettizzare
materiali di svariatissimo genere, dai fanghi degli
impianti di depurazione e delle concerie fino alle
carte e cartoni, dalle paste e polpe di risulta di
processi delle industrie agroalimentari fino alle
frazioni combustibili dei rifiuti solidi urbani, dai
residui di coltivazione ai materiali plastici.
però, rispettivamente, a 20 e 40-50 mm),
rispondente ai requisiti delle normative
europee e americane, può arrivare - a
detta del fabbricante - a un peso specifico
di quasi 1,5 kg/dm3 e ad una densità di
stoccaggio compresa tra 650 e 780 kg per
metro stero riversato, a seconda del
processo di lavorazione e della specie
legnosa. Per quanto riguarda il consumo
energetico, il Rapporto UMBERA riferisce
di un ampio range di “ specific electric
consumption” che varia da 0,025 a 0,045
kWh/kg a seconda della specie legnosa,
mentre direttamente dall’impresa si è
saputo, nel dettaglio, di uno stabilimento
costruito negli Stati Uniti, il quale –
partendo da legno vergine con umidità del
20% – produce 4 tonnellate di pellet all’ora
con un consumo di 0,035 kWhe/kg. Tra le
caratteristiche tecnologiche delle
pellettizzatrici EcoTre risaltano l’inversione
del processo di estrusione (che avviene
verso l’interno delle matrici cilindriche
rotanti) e la possibilità di attrezzare la
macchina con 2 trafile.
LE NORMATIVE DI PRODOTTO
DEL PELLET
In diversi Paesi, a iniziare da Austria,
Germania, Svezia e USA - esistono o
stanno per venire adottate normative di
prodotto per il pellet, mentre per quanto
riguarda il suo impiego generalmente
viene fatto riferimento alle disposizioni per
gli impianti calorifici a legno.
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 17 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
La normativa più spesso richiamata in
letteratura è quella austriaca (ÖNORM
M 7135) che definisce i requisiti dei
pressati di legno (HP) e di corteccia (RP)
per uso combustibile, nonché le
disposizioni per la loro verifica. Nella sua
ultima edizione (01.11.2000) essa
prevede, per ognuno dei due tipi di
prodotto, tre identiche classi dimensionali
(HP1, HP2 e HP3, nonché RP1, RP2 e
RP3) che vanno dai pellet minuti
(categorie 1) – impiegati principalmente
nelle piccole e medie installazioni ad
alimentazione automatica (specialmente
stufe e caldaie per riscaldamento centrale)
– fino alle bricchette tradizionali (categoria
3) usate in tutti i tipi di apparecchiature a
caricamento manuale21.
Per i pellet di legno della categoria minuta
(HP1) i parametri limite della normativa
riguardano: le dimensioni (D da 4 a 10 mm
e L non superiore a 5D), il peso specifico
(superiore a 1,12 kg/dm3); il contenuto
idrico (uu) (inferiore al 10%), il potere
calorifico inferiore riferito allo stato anidro
(non inferiore di 18 MJ/kg), il contenuto
di ceneri (non superiore a 0,5% del peso
anidro), il contenuto, sul peso secco, di
azoto (<0,3%), zolfo (<0,04%) e (cloro
<0,02%) e la quantità di polvere dopo un
test di abrasione (inferiore a 2,3%). Come
materiale di partenza è prescritto “legno
21 Da informazioni assunte in Austria risulta che la
produzione di pellet di corteccia (con ammesso
contenuto idrico fino al 18%) è molto piccola.
vergine” (naturbelassenes Holz22, wood in
natural state, untreated wood ) privo di
contaminanti (colle, vernici, preservanti,
ecc.), ma nella fabbricazione è permesso
l’impiego di termoagglutinanti vegetali non
chimicamente modificati (come farine di
frumento, segale o amido), che però –
secondo Nagl citato da Brega (2002) –
non possono superare il 2% del prodotto.
Un punto importante della revisione della
norma è dato dall’introduzione di un test di
sfregamento (Abriebtest) atto a verificare
la resistenza del pellet alla manipolazioni
specialmente nell’insufflazione nei
depositi. Secondo la norma, il residuo di
sfregamento (Abrieb) misurato con il
Ligno-Pellettester LT II non può superare il
2,3% (Golser, 2001)23.
Per rendere conto della complessità
tecnica di questa norma si può segnalare
che essa fa riferimento a ben 14 dispositivi
(due altre ÖNORM, nr. 7111 e 7132, dieci
norme DIN, corrispondenti al nostro UNI, e
due disposizioni legislative di quadro).
22 Negli scarti di segagione, ivi compresa la
segatura, lo naturbelassenes Holz (letteralmente:
legno lasciato allo stato naturale) non è
tecnicamente evitabile una piccola componente di
corteccia, che però la PVA limita a meno dell’1%.
Veramente puri sono invece i piallaci, mentre le
polveri di smerigliatura di legno vergine possono
contenere tracce di abrasivo.
23 Sempre nel campo della normazione lo stesso
Autore comunica che sono in preparazione (e nel
frattempo probabilmente già emanate) due nuove
norme che riguardano, rispettivamente,
l’“assicurazione della qualità nel trasporto e nella
logistica di deposito” ÖNORM M 7136 e
“specifiche sul deposito del pellet presso il
consumatore” ÖNORM M 7137.
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 18 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
Dal punto di vista procedurale, per essere
iscritto nel registro dei “Produttori a norma”
(Normenregister) e per poter dichiarare il
proprio prodotto “ esaminato secondo la
norma M 7135”, il fabbricante deve
stipulare un “contratto di sorveglianza” con
un accreditato Istituto di analisi che
eseguirà una verifica iniziale e,
successivamente, una verifica senza
preavviso una volta all’anno. Inoltre il
produttore deve regolarmente procedere
ad autoverifiche settimanali del peso
specifico, del contenuto idrico e del
residuo di sfregamento e tenere anche un
registro degli agglutinanti impiegati.
Accanto alla normativa nazionale è in uso
anche una normativa privata (però
statalmente autorizzata) dell’Associazione
austriaca dei produttori di pellet (PVA,
http://www.pelletverband.at) che però è poco
differente, ma considera diversamente il
contenuto di polvere (che, prima del
trasporto, dovrebbe essere al massimo
dell’1%24) e, comunque, garantisce un
potere calorifico di 4,9 kW/kg (= 17,6
MJ/kg) e un contenuto idrico inferiore al
10%. La stessa Associazione – composta
da produttori di pellet, fabbricanti di
impianti di combustione di pellet e
rivenditori di pellet – ha introdotto anche
24 Il contenuto di polveri, che aumenta con il
trasporto in autobotte e nel bunkeraggio, è
importante perché un eccesso può impiastrare e
bloccare il meccanismo di alimentazione del
focolare. Altrettanto importante è il (non normato)
contenuto di potassio del pellet che abbassa il punto
un proprio marchio di qualità (Gütesiegel)
a garanzia degli acquirenti. Inoltre i suoi
associati, a tutela del loro prodotto, ne
eseguono una “codificazione” (Codierung)
per tramite di minuscole tavolette di legno
delle dimensioni di un cilindretto di pellet
(colorate di rosso con sopra impresso il
logo PVA, l’anno di fabbricazione e la
sigla del produttore), che vengono
frammiste al pellet in ragione di 1 tavoletta
ogni 10 kg.
La normativa Germanica (DIN 51731),
valida anch’essa per pellet e bricchette,
prevede 5 classi dimensionali delle quali
l’ultima (HP5) corrisponde alla classe HP1
della normativa austriaca25. Sostanziale
corrispondenza fra le due disposizioni
sussiste poi per le restanti caratteristiche
di base nel cui ambito però in quella
germanica risulta triplicato l’ammesso
contenuto di ceneri, raddoppiato quello di
zolfo e aumentato nel 50% quello del
cloro. Molto più numerosi sono invece i
limiti alla composizione chimica del pellet
che riguardano anche tutti i principali
metalli potenzialmente tossici: cadmio (0,5
mg/kg), cromo (8), mercurio (0,05),
piombo (10), rame (5) e zinco (100)),
nonché l’arsenico (0,8 mg/kg). Limitati a 3
di fusione delle ceneri con tutti gli inconvenienti
che ad una tale fusione conseguono.
25 Una sufficiente uniformità delle classi
dimensionali e l’obbligo della loro dichiarazione è
una necessità che si impone (almeno a livello CEE)
quale presupposto per lo sviluppo ordinato di un
mercato sovranazionale delle stufe e dei bruciatori.
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 19 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
mg/kg sono anche gli extractable organic
halogens, mentre nulla è invece detto sulle
impurità (benché le pubblicazioni tedesche
parlino sempre di “legno lasciato al
naturale”) e sui leganti.
Simile alle precedenti è anche la
normativa svedese (SS 187120), con i
suoi tre gruppi dimensionali codificati solo
in termini di lunghezza riferita al diametro.
Applicata anche nella produzione
norvegese, risulta – nei confronti di quella
austriaca – un po’ più permissiva per il
potere calorifico (>16,9 MJ/kg anziché a
18). Per quanto riguarda la composizione
è solo indicato il limite per il contenuto di
zolfo (0,08%) e cloro (0,03%), e anche per
gli additivi è solamente prescritta
l’indicazione della sostanza e della
quantità. Richiesta invece, fatto unico fra
tutte le normative, l’indicazione delle
temperatura di fusione delle ceneri.
Recentemente (giugno 2002) la Energie–
Bois Suisse () ha
emanato un regolamento “Swisspellet” per
l’acquisizione volontaria del diritto al
relativo marchio di qualità, valido per
pressati di legno vergine (naturbelassenes
Holz). Dal punto di vista tecnico questa
normativa (che si inserisce nel dispositivo
svizzero SN 166000:2001) è identica a
quella germanica (DIN 51731) ma si
avvale anche di alcune specifiche della
normativa austriaca (ÖNORM M 7135).
Fra le particolarità di questo “Regolamento
di certificazione” emergono la
dichiarazione di produzione nel territorio
nazionale e il divieto dell’impiego di
agglutinanti (Presshilfsmittel). Per quanto
concerne l’analisi chimica del prodotto
vengono indicati valori massimi per il
contenuto di zolfo, azoto, cloro, cromo,
rame, piombo, zinco, mercurio, cadmio,
arsenico ed EOX (= composti alogenati
estraibili).
Più recente ancora (marzo 2003) è la
normativa volontaria francese elaborata
dal French Pellet Club in collaborazione
con l’ITEBE (Institut Tecnique Europèen
du Bois-Energie. Come
prodotto vengono distinte quattro
categorie di pellet, e cioè “stufa”, “caldaia”
(già in uso), “BIG” per impianti industriali e
“inceneritore” (previste per il futuro) e una
categoria unica per le bricchette, ognuna
con un proprio label.
Le prime due categorie di pellet si
distinguono solo per le dimensioni che,
vincolanti per il 90% del prodotto, sono:
•per l’assortimento da stufa: D= 6 mm
+/-1 e L = 10-30 mm;
•per l’assortimento da caldaia: D= 8-10
mm +/-1 e L = 10-50 mm.
Identiche per le due categorie debbono
invece restare le caratteristiche fisiche che
sono: contenuto idrico <10%, peso
specifico 1.200-1.400 kg/m3, peso sterico
riversato >650 kg/msr, potere calorifico
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 20 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
inferiore >4,7 kWht/kg. Identici sono anche
i massimali di contenuto dei soliti elementi
e precisamente: cloro (<0,03%), zolfo
(<0,08%) e azoto (<0,3%). Indicato è pure
il contenuto massimo di potassio che è
importante per il punto di fusione della
cenere il cui contenuto massimo
ammissibile è indicato con l’1%. Sono
consentiti, nella misura massima del 5%,
leganti naturali (amido, lignina, oli
vegetali), con l’obbligo di contrassegno per
tipo e quantità26.
Molto meno rigorose sono invece le
prescrizione per le categorie BIG e
inceneritore che, a detta degli estensori,
dovranno essere “definiti e precisati non
appena saranno disponibili sul mercato”.
Nella formulazione provvisoria per le due
categorie sono indicati solo il diametro (>
16 mm) e il peso sterico riversato (> 580
kg/m3
riv). Non è indicato un limite minimo
per il potere calorifico che però deve
essere “indicato sull’imballaggio”, e non
sono, per ora, contemplate limitazioni per
gli elementi chimici di cui si è detto per le
categorie stufa e caldaia. Differenze per le
categorie BIG e inceneritore sono invece
indicate già adesso per il contenuto di
leganti e la tolleranza dell’impiego di
“legno di scarto” nel senso che per la
prima categoria valgono le limitazioni
26 Nell’edizione italiana della normativa (Marie-
Maud Gererd, 2003) non compare mai il consueto
termine “legno vergine” o “legno al naturale”, ma
esso – per gli assortimenti stufa e caldaia – pare
palesemente sottinteso.
riportate per i prodotti per stufa e per
caldaia27, mentre per la categoria
inceneritore non esistono alcune
limitazioni in merito.
Poco interessante per il nostro Paese,
infine, è invece la normativa statunitense
emanata dal Pellet Fuel Institute, la quale
– scarsissima di prescrizioni – fa differire
le sue due categorie (standard e premium)
solo per un minore contenuto di cenere
della seconda (1% invece di 3%) per la
quale è richiesta anche una densità sterica
superiore a 639 kg/m3 (= 40 pd/ft3) che
risulta un po’ più elevata (per ragioni di
“cifra tonda” in misura americana) di quella
prevista in Svezia per la categoria a
lunghezza relativa minore (600 kg/m3).
Per l’Italia non esiste ancora alcuna
normativa specifica per il pellet, ma i
migliori produttori si orientano a quella
austriaca. E’ però vigente da poco il
DPCM 8/3/02 “Disciplina delle
caratteristiche merceologiche dei
combustibili aventi rilevanza ai fini
dell’inquinamento atmosferico, nonché
delle caratteristiche tecnologiche degli
impianti di combustione” che sostituisce il
precedente Decreto del 02.10.1995, e al
quale si rimanda.
27 Nella categoria BIG, per la quale il materiale di
partenza e costituito da scarti delle falegnamerie o
delle ebanisterie (che, almeno in parte, sarà
contaminato da colle e altri materiali non naturali)
pare strano che debba venire indicato il contenuto
di leganti naturali.
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 21 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
Alla redazione di una normativa nazionale
sta però attivamente lavorando il Comitato
Termotecnico Italiano che all’inizio del 2003 ha fatto circolare fra
gli interessati una ponderosa e
circostanziata “Proposta di specifiche e
classificazioni” per i biocombustibili solidi”
nel cui ambito ampio spazio è riservato
alle bricchette e al pellet, combustibili per i
quali sono anche previste specifiche per
“classi di qualità da destinare all’uso
domestico”28.
A livello comunitario invece la
Commissione Europea di Normazione
(CEN) da più di 2 anni ha istituito il
CEN/TC 335 “Solid biofuels”, con 5
specifici gruppi di lavoro. A quanto
sembra, il lavoro di questo comitato che
con 24 norme specifiche dovrà elaborare
le basi tecniche per un apposito
regolamento CEE che porti ad un mercato
sicuro e stabile dei biocombustibili
nell’Unione, sarà piuttosto facile per le
caratteristiche fisiche del pellet, non troppo
difficile per quelle chimiche, ma
certamente arduo per quanto riguarda la
provenienza (o la tipologia) della biomassa
da pellettizzare. Per coadiuvare a questo
28 Il lavoro del CTI e dei suoi diversi sottocomitati,
svolto con lo scopo di promuovere il mercato dei
biocombustibili (anche attraverso specifiche
normative merceologiche e tecnologiche) e di
fornire al legislatore nazionale e comunitario
riferimenti tecnici precis i soprattutto per le politiche
ambientali, non è facile, perché l’attuale
legislazione è tutt’altro che chiara e univoca e, tra
l’altro, risente sempre ancora delle incertezze
inerenti al concetto di “rifiuto” codificato dal
“Decreto Ronchi”.
lavoro, 34 istituzioni di ricerca collaborano
in un progetto denominato “BioNorm” (da
inserire nel programma quadro “Energia,
Ambiente e Sviluppo durevole”) anche con
lo scopo di promuovere un più rapido
trasferimento delle nuove acquisizioni
scientifiche agli operatori dei settori
interessati (Golser, 2001).
Per quanto riguarda le certificazioni si può
ancora aggiungere che recentemente la
DINCERTCO GmbH
ha lanciato un nuovo marchio di prodotto,
chiamato DINplus, che – basato sulle
normative ufficiali austriaca e germanica –
è più stringente nei controlli nella fase di
produzione (C.A.R.M.E.N., 2002).
PRODUZIONE E CONSUMO
DI PELLET IN ALCUNI PAESI
Per quanto riguarda – per i diversi Paesi –
le capacità produttive, le produzioni, i
consumi e i commerci con l’estero di
questo recente prodotto sinora raramente
rilevato dalle statistiche, si conoscono
soltanto notizie frammentarie e stime sulla
base di informazioni variamente raccolte.
Per i Paesi con maggiore produzione e
consumo, il Rapporto UMBERA (2000)
fornisce però alcuni dati importanti, anche
se un po’ datati, di cui qui si riporta una
sintesi corredata di notizie più recenti
attinte da altre fonti e da informazioni
personali.
I “quattro grandi” del pellet sono Svezia,
USA, Danimarca e Austria, ma anche in
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 22 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
altri Paesi, tra i quali oggi è da includere
pure l’Italia, la situazione è in rapida
evoluzione e crescite annuali superiori al
15% non sono eccezionali.
La leadership, anche per la regolare
dinamica dello sviluppo, appartiene alla
Svezia, che nel 1998, produceva circa
470.000 tonnellate nel contesto di una
capacità produttiva di circa 600 kt. Più
recentemente, secondo Mickelsson
(2202), la capacità produttiva dei 24
stabilimenti esistenti si aggirava attorno a
1 milione di tonnellate all’anno29. Hugues
Dit Ciles (2002), consigliere del French
Pellet Club creato dall’ITEBE, riferisce
invece, per la stagione 2000-2001, di una
produzione di 700 kt. Attualmente la
produzione potrebbe anche essere circa
di 1 milione di tonnellate (Olsson e
Kjällstrand, 2003).
La maggior parte del pellet prodotto (480
kt secondo Michelsson, 2002) viene
consumata nel teleriscaldamento, molto
diffuso in Svezia per abitazioni ed edifici
29 Se venisse sfruttata l’intera capacità produttiva di
1 Mt/a, potrebbero sorgere problemi di
approvvigionamento di materia prima consueta, in
quanto la quantità di legno vergine proveniente
dall’industria del legno (segatura, piallacci e cips)
non richiesta per altri impieghi più remunerativi,
ammonta appunto a circa 1 Mt/a. Nuovi progetti di
pellettizzazione richiederebbero perciò – con tutte
le necessarie cautele, disposizioni e garanzie al
livello dell’impiego – il passaggio ad altri tipi di
materia prima, quali soprattutto i residui delle
lavorazioni boschive, ma anche la paglia, la carta da
macero e persino le acque nere. Con ciò però,
almeno per alcuni prodotti, si uscirebbe dallo
pubblici, commerciali e industriali, nel
quale oggi più di 1/3 dell’energia prodotta
è di origine biomassale (cippato, legna,
pellet, corteccia, paglia e altre biomasse).
Minore ma più dinamico è invece il
mercato delle piccole quantità, che –
secondo Westermark (2001) – sta
attualmente crescendo con una rata
annua di circa 40%. Secondo Anderson
(2001), nel private household segment, in
cui il pellet sostituisce per 2/3 gasolio e
per 1/3 legna, tra il 1993 e il 2000, le
vendite sono passate da 1,8 a 77 kt/a e
per il 2001 è stimata una vendita di 120 kt.
Per il 2002-03, Rakos (2002) riferisce di
una stima di 250 kt circolata durante la
Conferenza mondiale sul pellet del
settembre 2002. Al pellet e alla sua
vendita sono interessate anche le
compagnie petrolifere ed esiste una certa
tendenza alla vendita del servizio, cioè del
calore, anziché del solo combustibile. Da
segnalare è pure che nel 2001 si è
verificata una crisi di disponibilità che ha
portato a aumenti del prezzo del 30%.
Favorito dal suo elevato rapporto
energia/peso (circa doppio di quello del
cippato fresco) ed energia/volume sterico,
non di rado il pellet viene anche
trasportato per lunghe distanze, pure per
via mare. Così la Skellefteå Kraft, situata
nel nord-est del Paese, invia il 60% della
sua produzione (circa 100 kt/a ricavate
specifico ristretto ambito merceologico del “pellet
di legno”.
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 23 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
principalmente da segatura) alla Birka di
Stoccolma. Altrettanto vale per le
importazioni dal Canada, dai Paesi Baltici
e dalla Polonia, che nel 1998 erano di oltre
100 kt.
Tornando ancora un attimo al
riscaldamento domestico si può riportare
che, secondo il Rapporto UMBERA
(2000), nel 1998 il 7,7% delle abitazioni
svedesi (ovvero 144.000 unità) risultava
servito dal teleriscaldamento, mentre il
resto (cioè 1.737.000 unità) veniva
riscaldato, con riferimento percentuale alle
1.881.000 unità complessive, per il
21.3% con firewood, per il 29,8% con
olio combustibile, per il 27.3% con
convertitori elettrici, per il 12,8% con
riscaldamento centrale alimentato a
corrente elettrica e solo per un marginale
1,1% con gas naturale. Molto diffusi,
rispetto all’Italia, risultano dunque diversi
sistemi alimentati con corrente elettrica, e
nelle case riscaldate con questi sistemi
l’eventuale passaggio al più economico
pellet (che costa 30-35 €uro/MWh per
piccole quantità contro gli 80 -85
dell’energia elettrica e i 46 dell’olio
combustibile) è tecnicamente reso difficile
dall’assenza di camini.
Altri grandi consumatori di pellet,
specialmente confezionato in sacchi, sono
gli Stati Uniti, Paese in cui, attorno al
1985, furono costruiti i primi impianti per
la produzione di pellet per uso
combustibile. Nel periodo 1993/98 il
consumo è cresciuto da circa 500 a 600
kt/a per poi subire un leggero declino nel
biennio 1998/99, a causa del diffondersi
del meno caro riscaldamento a gas
naturale (0,021 USA$/kWh contro i 0,027
del pellet) e della spesso cattiva qualità
del granulato e delle stufe offerte sul
mercato. Attualmente, secondo Dit Ciles
(2002), la qualità dell’offerta è migliorata
per entrambi i prodotti (anche per opera
del Pellet Fuel Institute creato
appositamente) e il consumo è salito a
700 kt/a, accompagnato da una vendita di
37.000 nuove stufe nella stagione 2000-
2001 con un aumento del 26% rispetto
all’anno precedente30. Per la stagione
2001-2002, l’ITEBE (2001) prevede una
vendita addirittura di 900 kt di pellet che è
confermata anche da Rakos (2002) che
riferisce di aumenti di richieste che hanno
provocato un’insufficienza di offerta.
Il materiale di partenza è costituito
generalmente da segatura (che per certi
impianti può avere anche umidità del 50%
e perciò necessita di una drastica
essiccazione), ma vengono pure impiegati
residui di lavorazione (o materiali di risulta)
più grossolani che richiedono un processo
di frantumazione che precede la
triturazione. Le caratteristiche del
materiale di partenza influenzano
notevolmente il costo di produzione e la
30 Altri commentatori riferiscono di vendite di circa
50.000 stufe all’anno.
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 24 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
produttività degli impianti; ceteris paribus,
il costo di produzione risulta maggiore
(mediamente del 20-25%) con il legno di
latifoglie che con quello di conifere. La
pellettizzazione di materiale con corteccia
è meno costosa ma da luogo a un
prodotto più scadente. Pellet combustibile
da coprodotti agricoli o da scarti
dell’industria agroalimentare può venire
fabbricato a costi ancora minori.
Il 95% del prodotto venduto è destinato al
riscaldamento residenziale (specie a
mezzo di stufe impiegate in funzione
accessoria) nel cui contesto generale –
secondo il Rapporto UMBERA (2000) –
soddisfa però solo lo 0,025% della
domanda statunitense di calore
domestico. L’incidenza relativa del
riscaldamento con pellet risulterebbe
maggiore secondo ITEBE (2001), per il
quale 250-300 mila abitazioni (foyers)
posseggono riscaldamenti con pellet, che
forniscono circa il 50% del loro fabbisogno
calorico con un consumo annuo medio di
2,8 tonnellate.
Molti dei circa 50 produttori di pellet sono
di piccole dimensioni (con produzioni
variabili da 0,75 a 15 t/h) e non
appartenenti alle grandi compagnie
dell’industria forestale e del legno.
Per la Danimarca, Paese molto attento ai
problemi ambientali, il Rapporto UMBERA
segnalava, per il 1998, una produzione di
circa 150 kt/a, fabbricate in 5 grandi
impianti). Attualmente, secondo Bjerg,
(2001), il consumo è di circa 190 kt/a e si
ritiene che prossimamente salirà fino a
250 kt/a. Sempre per la Danimarca, lo
stesso Autore segnala che fra il 1993 e il
1998 il consumo di pellet è cresciuto del
53%, mentre, sul versante della
produzione non è da aspettarsi un
aumento di buona materia prima secca
per la pellettizzazione (150.000 t/a di
piallacci secchi secondo Bjerg, 2002).
Perciò crescerà l’importazione, che
attualmente proviene soprattutto dalla
Scandinavia, dai Paesi Baltici e dal
Canada. Un notevole impulso
all’importazione verrà poi dalla
conversione a pellet di una grande
centrale di cogenerazione a carbone che
potrà consumare circa 300.000 tonnellate
di pressato all’anno.
Nel settore dell’impiego, la fetta più
importante, cioè circa 2/3 viene
consumata nel teleriscaldamento, mentre
per l’espansione futura sono interessanti
le 510.000 proprietà non allacciate alla
rete di distribuzione del gas naturale, che
hanno una domanda di energia per
riscaldamento pari a 43 PJ/a, attualmente
soddisfatta per 2/3 da olio combustibile,
quasi 3 volte più caro del pellet soprattutto
a causa delle imposte ambientali. Altra
richiesta di pellet potrà derivare dalla
recente abolizione dell’obbligo di
allacciamento alla rete di distribuzione del
gas naturale nelle aree servite.
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 25 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
In Danimarca sussiste poi anche un
notevole interesse per il pellet di paglia e
dovrebbe essere stato ultimato un
impianto per la produzione di 130 kt/a
funzionale soprattutto al trasporto del
biocombustibile fino a Kopenhagen.
Esperti danesi stanno sperimentando vari
additivi per innalzare il punto di fusione
della cenere di paglia, tallone di Achille di
questo vettore energetico di coproduzione.
In Austria – secondo il Rapporto UMBERA
– nel 1999 la produzione di pellet di legno
vergine (specialmente da piallacci,
secondo Jonas e Haneder (2001) ma
anche da segatura, come risulta da
informazioni personali assunte presso
grandi produttori e commercializzatori) era
stata di 41,3 kt31. Nello stesso anno e
secondo la medesima fonte la capacità
produttiva dei 12 maggiori impianti
austriaci era invece molto più elevata
(118,3 kt/a) e il loro grado di utilizzazione
variava dal 17 al 100%, con una media
attorno al 35%.
Per il 2000 Jonas e Haneder (2001)
riferiscono di una produzione di 100 kt/a
che si affianca ad un’altrettanta quantità di
brichette di legno pressato, prodotto che
31 In proposito Rudolf Huber della UMDASCH di
Amstätten, riferisce (in litteris 11.06.02), che in
Austria si rendono annualmente disponibili circa
200-250 kt di piallacci con contenuto idrico del 10-
14% (da lavorazione di segati essiccati
artificialmente) e che la segatura impiegata è molto
umida (uu uguale a circa 50%) e viene essiccata con
energia prodotta bruciando cortecce, altra segatura
e/o altri cascami di lavorazione del legno.
era già in uso prima della comparsa di
pellet. Per la stagione 2001/02, Rudolf
Huber (comunicazione personale) aveva
stimato le seguenti quantità di produzione:
brichette 170 kt, pellet di legno 90 kt e
pellet di corteccia 5 kt. Per la stagione
successiva 2002/03 riteneva che invece la
quantità prodotta di pellet di legno potesse
salire a 130 kt32. In equilibrio risulta il
commercio con l’estero, che pare
coinvolgere quantità uguali a poco
superiori del 10% della produzione interna.
Quasi la totalità (olt re al 95%) del pellet
consumato nel Paese – dove nel 1996 il
16,3% delle abitazioni era riscaldato
prevalentemente con biomassa (di cui
67% di legna da ardere di fattura
tradizionale)33 – è oggi destinato alle
piccole utenze (stufe di vario tipo) e ai
piccoli e medi impianti di riscaldamento
centrale con potenza fino a 100 kW. Nelle
utenze maggiori (grandi impianti
centralizzati o di teleriscaldamento) è più
sentita la concorrenza del cippato che, a
32 Relativizzando queste 130 kt di pellet di legno,
oggi sicuramente aumentati di un bel po’, si può
calcolare che essi rappresentano circa lo 0,18%
dell’energia primaria complessivamente consumata
nel Paese, mentre il consumo pro capite è ben
configurabile in un sacco da 15 kg all’anno. In
termini di energia lorda impiegabile queste 130 kt
equivalgono a circa 55.000 tonnellate di olio
combustibile e perciò non si può più parlare di un
prodotto di nicchia.
33 Tra il 1990 e il 1997 (secondo Golser, 2001) il
numero delle case riscaldate con legno è però sceso
da 608.000 (= 21% sul totale) a 514.000 (= 15,3%).
Numerose sono state anche le sostituzioni di
impianti e di stufe di vecchia data, a basso
rendimento termico e notevolmente inquinanti.
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 26 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
parità di contenuto energetico, è più a
buon prezzo34.
Nel molto dinamico settore dell’impiantistica
sono invece da segnalare i notevoli
progressi nella tecnologia della
combustione, particolarmente nell’aumento
dei rendimenti termotecnici e nella riduzione
delle emissioni inquinanti, realizzate dalle
numerose aziende specializzate, molto
attive anche sui mercati esteri. Sul mercato
interno stanno aumentando a ritmo
crescente tanto le vendite di apparati a pellet
con potenza fino a 100 kW (oltre 4.500 nel
2001) che superano notevolmente quelli a
cippato (poco meno di 2.300), quanto anche
gli impianti di teleriscaldamento (alimentati
principalmente con cippato) di svariata
potenza (dai 100 kW di Weilershofen e
Hagenberg fino ai 7.000 kW di Allensteig).
Nella Regione della Bassa Austria (NÖ),
attorno a Vienna, gli impianti sono
attualmente più di 160 e il totale nazionale è
34 Ad latere, pare interessante riportare le
percentuali (del 1999) dell’impiego dei
“vettori energetici rinnovabili” in Austria,
dove essi – secondo i Jonas e Haneder
(2001) – fornivano (con esclusione
dell’idroelettrico) il 12% del consumo
complessivo di 1.200 PJ/a, ovvero circa
144 PJ. Il panorama è ovviamente
dominato, con un notevole 54%,
dall’assortimento classico “legna da ardere
– legna da stufa”; seguono, nell’ordine,
acqua reflue delle cartiere 19%, rifiuti
combustibili 7%, combinato di solare,
eolico e geotermico (incluse le pompe di
calore) 5%, cippato di bosco 4%, cippato
di segheria e pressati 4%, cortecce 4%,
biogas 2% e paglia 1%.
di quasi 600 stabilimenti con una potenza
installata complessiva di circa 750 MW.
A proposito degli altri Paesi presi in
considerazione dal Rapporto UMBERA e
da Rakos (2002) si può sinteticamente
annotare quanto segue.
Norvegia
Produzione del 1999 stimata in circa 20
kt/a, di cui 11 destinate all’esportazione
verso la Svezia. Capacità produttiva in
rapidissima crescita, che attualmente
dovrebbe aver superato le 100 kt/a. Stima
dell’esistenza, nel 1999, di sole 140 (sic!)
stufe a pellet e di 30 impianti nel settore
di potenza da 20 a 50 kWh; inoltre
vengono menzionate 12 utenze pubbliche
con potenza installata superiore a 200 kW
(fino a 2,5 – 3,6 MW).
Più in generale – sempre rimanendo
nell’impiego delle biomasse – si può
segnalare l’esistenza di circa 800.000
stufe a legna, impiegate principalmente
per riscaldamento addizionale a quello a
corrente elettrica che domina il panorama
del calore domestico del Paese in cui il
50% del consumo energetico nazionale
complessivo è fornito da questo vettore,
praticamente tutto di origine
idrogravitazionale.
Francia
Maggiore utilizzatore europeo di
bioenergia primaria con 11,2 Mtep/anno
nel 1999 e contributo del 21% nella
Comunità Europea secondo la 2001 –
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 27 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
Annual Energy Review della Commissione
Europea35. Questo Paese è partito già nel
1980 con la produzione pellet di legno
(talvolta chiamato anche granulé) ma –
forse per avere troppo puntato sulle grandi
utenze – non è mai diventato un grosso
produttore. Infatti, nel 1999, la produzione
era solo di 14 kt, ricavate principalmente
da segatura da parte di 5 imprese, fra le
quali emerge la COGRA 48 con la sua
produzione di 10 kt/a (ITEBE, 2001). La
stessa fonte ritiene che nel 2000 il parco
francese di impianti a pellet era costituito
da circa 12 bruciatori di potenza superiore
ai 300 kW, 150 impianti con meno di 100
kW e di (sole, n.d.r.) 600 stufe, il cui
mercato pare però essere in rapida
crescita. I prezzi sono molto differenziati a
seconda del tipo di fornitura (0,025 €/kWh
con autobotte e più del doppio in sacchi) e
costosa risulta anche la segatura a causa
della concorrenza dei pannellifici e delle
cartiere.
Germania
In questo grande Paese, in cui, secondo
l’IEA, nel 1999 solo l’1,5% del consumo di
energia primaria era di origine biomassale,
nel 2001 esistevano circa 7,6 milioni di
apparecchiature di riscaldamento a legno
(tra stufe e caldaie di case mono, bi o
trifamiliari) con un aumento del 3,3%
sull’anno precedente. Il consumo
complessivo di questi impianti viene
35 Per l’IEA gli omologhi valori sono 9,6
Mtep/anno e 22,5%.
stimato in 12,3 Mt di legno, vettore
energetico che copre circa il 90% del
consumo dei principali combustibili solidi
impiegati nel riscaldamento domestico.
Recenti studi di C.A.R.M.E.N. (2002)
riferiscono, per l’anno 2001, di una
capacità prod uttiva di sole 23.100
tonnellate di pellet (non interamente
sfruttata) contro un fabbisogno di 37.600
tonnellate da parte di 8.200 riscaldamenti
centrali e 5.300 stufe. La situazione però è
in rapidissima evoluzione, in quanto la
vendita di caldaie da riscaldamento
centrale a pellet fino a 35 kW di potenza è
cresciuto da 800 a 2.400 unità dal 1999 al
2000 e di circa 5.200 nel 2001. Meno
consistente, di circa 3.000 unità, è risultata
invece, nel 2001, la vendita di stufe a
pellet, mentre i teleriscaldamenti a pellet
(con potenze tra 150 e 300 kW) si
diffondono con circa 60 nuovi impianti
all’anno.
Per i prossimi anni è previsto che il
numero di acquisti di nuovi impianti
rimanga immutato mentre potranno
notevolmente aumentare le sostituzioni,
perché una legge impone che entro il 2004
vengano sostituite tutte le caldaie più
vecchie di 20 anni. In considerazione di
questa e altre circostanze C.A.R.M.E.N.,
in una proiezione al 2007, prevede un
consumo di 363 kt di pellet e che già nel
2004 la produzione (120 kt) superi il
consumo ritenuto pari a 110 kt.
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 28 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
I maggiori ostacoli all’espansione del
consumo del pellet in Germania sono dati
dall’insufficienza della logistica (solo poco
più di 200 rivenditori, più diffusi nei Länder
meridionali e molto rari dal parallelo di
Berlino in su)36 e da certe incertezze sulle
qualità ambientali delle installazioni e del
combustibile. A queste remore spera di
ovviare l’Associazione per il pellet da
energia costituito due anni fa, e domiciliato
presso C.A.R.M.E.N..
Per quanto riguarda invece la base di
rifornimento dei pellettifici la Umwelthilfe,
una delle maggiori Associazioni
protezionistiche tedesche, stima che un
quarto degli scarti di lavorazione delle
industrie del legno e derivati (che
dovrebbero corrispondere a circa 5 milioni
di m3 all’anno) attualmente finisca ancora
in discarica (o negli inceneritori, n.d.r.) e
che con questa massa di scarti inutilizzati
si potrebbe fabbricare una quantità di
pellet corrispondente quasi a tutta la
produzione europea e statunitense.
Esperti di biomassa ritengono invece che
circa 300 kt/a di buona materia prima
(piallacci e segatura) sarebbero disponibili
per la produzione di pellet, in un mercato
più ampio nel quale esiste una notevole
concorrenza (da parte di pannellifici,
cartiere e anche industrie chimiche) per
36 Relativamente più numerosi, più di una
sessantina, invece sono i costruttori germanici di
impianti e stufe a pellet che operano in un mercato
sul quale vengono offerti anche molti ottimi
prodotti stranieri (austriaci soprattutto, ma anche
italiani, svizzeri e scandinavi).
usi materiali dei cascami legnosi
industriali.
Svizzera
Da ITEBE (2001) si apprende che: (i)
produzione e richiesta sono in forte
aumento, (ii) il prezzo è elevato perché la
poca segatura disponibile (circa 60.000
tonnellate all’anno) viene contesa da
diversi interessati, e (iii) nel 2001 una
stima del numero degli impianti di
riscaldamento con potenza inferiore a 100
kW ha dato i seguenti risultati: 10.335 a
legna, 1.344 a pellet e 1.143 a cippato.
Ciò però non autorizza a ritenere che il
pellet abbia superato il cippato perché è
probabile che la potenza media dei
bruciatori a pellet sia inferiore a quelle
delle caldaie a cippato.
Finlandia
Poco è noto sulla produzione di pellet, che
viene preferenzialmente destinata
all’esportazione (comunicazione personale
da S. Grisotto). Andando un po’ fuori
tema, pare però interessante riferire
quanto recentemente (2002) ha riportato
Dan Asplud. Contributo dell’energia da
legno al consumo energetico nazionale
complessivo pari al 20%, più 4% da torba
e, ancora nelle rinnovabili, 4% di origine
idroelettrica. Campione nella produzione di
elettricità da biomassa (6,7 TWh/anno)
con un bel 10% sulla produzione
complessiva.
Credibili paiono poi anche i grandi progetti
per il futuro che prevedono un aumento
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 29 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
del 50% dell’energia da fonti rinnovabili da
realizzare principalmente con
dendromassa e suoi derivati. L’ultimo
impianto CHP, entrato in funzione lo
scorso anno a Pietarsaari, ha una potenza
di 240 MWe più 160 MWt (per energia di
processo e teleriscaldamento) e viene
alimentato al 45% con corteccia e residui
delle lavorazioni boschive (150-200 mila
m3 all’anno) nonché dell’industria cartaria
e del legno, e per un altro 45% con torba.
Canada
Vendita annuale, in rapida crescita dal
1993 al 1995 e poi abbastanza
stazionaria, attestata attorno alle 70-80
kt/a. Il maggior consumo avviene nelle
province marittime e nel Quebec. Inoltre
esiste anche una certa esportazione (ad
esempio verso la Svezia).
Italia
Fino alla manifestazione “Progetto Fuoco”
del 2002, si sapeva poco e si
conoscevano solo i nomi di alcuni grandi
fabbricanti di pellet. In quell’occasione
questa lacuna è stata colmata da Antonio
Panvini (2002) che ha reso noto i risultati
di un’indagine condotta dal Comitato
Termotecnico Italiano, secondo la quale –
per l’annata 2001/2002 – il consumo
nazionale era stimabile in quasi 150.000
tonnellate di cui oltre 1/3 di impostazione.
La produzione risultava molto frammentata
e le 32 aziende censite fabbricavano
quantitativi compresi tra 200 e 25.000
tonnellate all’anno. Dall’indagine risulta poi
anche che l’81% del pellet italiano veniva
fabbricato nella fascia Lombardia – Veneto
– Friuli Venezia-Giulia dove risiede la
metà delle imprese produttrici italiane. Il
secondo polo era invece allocato nell’area
centro-settentrionale (Toscana – Umbria –
Abruzzo) dove un quarto delle industrie
censite produceva il 13,9% del pellet di
fabbricazione nazionale. Relativamente
basso è risultato l’impiego di manodopera
(non sempre a full time e talvolta non
esclusivamente addetta alla
pellettizzazione), in quanto un’unità
lavorativa produceva in media circa 2.000
tonnellate di pellet all’anno.
Secondo un’indagine più recente, condotta
da Panis (2003) con una tesi di laurea
nell’Università di Padova, la pr oduzione
sembrerebbe attestata attorno alle 160 kt,
mentre le importazioni (di difficile
accertamento per la mancanza di una
voce doganale specifica) ammonterebbero
a circa 20 kt.
Questi numeri sono testimonianza della
tumultuosa crescita di una nuova industria
del combustibile che fabbrica un prodotto il
quale evidentemente ha trovato un’ idonea
nicchia nel settore del riscaldamento
casalingo (corre addirittura la voce che
nell’ultimo anno siano state prodotte
20.000 stufe a pellet). Nella produzione
del pellet sembrerebbe raggiunta l’Austria,
che nel consumo verrebbe anche
superata.
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 30 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
Passando all’Europa nel suo complesso,
Kent Nyström (2002), managing director
della Swedish Bioenergy Association, alla
Conferenza Mondiale per il pellet del
2002, ha riferito di una stima di un mercato
europeo di 4-5 milioni di tonnellate per
anno conseguibile nei prossimi 5 anni in
base alle proiezioni eseguite
dall’Associazione Svedese dei produttori
di pellet.
Infine per vedere cosa può – in particolari
casi e situazioni – accadere nel settore dei
pressati combustibili di legno e corteccia,
pare interessante sintetizzare per sommi
capi anche quanto Kojima (2001) ha
riferito sulla situazione giapponese. Per il
suo Paese, nel quale solo lo 0,8%
dell’energia è di produzione biomasale
(specie da reflui di cartiere), questo Autore
riferisce che:
•la fabbricazione di bricchette
(specialmente di corteccia) iniziata nel
1964, ha raggiunto il suo massimo
assoluto già nel 1969 (con una
produzione di ben 945.000 tonnellate
all’anno da parte di 809 imprese) per
poi scendere gradualmente fino alle
122 kt del 1990, anno per il quale
termina la serie storica riportata da
Kojima;
•la fabbricazione del pellet (ancora
principalmente da corteccia di conifere
e per il resto da segatura), iniziata
dalla Kuzumaki Forestry Ltd nel 1982
dopo la seconda crisi petrolifera, ha
raggiunto il suo massimo di 27,7 kt/a
nell’anno 1994, per poi decrescere fino
alle 4,6 kt/a del 1990 e alle 2,3 kt/a
prodotte nel 2000 da parte di sole 3
imprese;
•nel 1999 in Giappone i prezzi
dell’energia erano di 0,060, 0,081-
0,086, 0,164-0,218, 0,033-0,048
€/kWh, rispettivamente per olio
combustibile leggero, gas naturale,
corrente elettrica e pellet;
•per i motivi ambientali, politici e
socioeconomici sembra ragionevole
attendersi un “secondo boom della
bioenergia” nel quale il pellet può
essere considerato “la migliore risorsa
energetica alternativa per il settore
domestico”. Come principali motivi di
questo presumibile nuovo boom
l’Autore annovera: mitigazione
dell’effetto serra, conversione di rifiuti
in combustibile, cura delle risorse
energetiche nazionali, creazione di
occupazione e sviluppo dell’economia.
Tutto il mondo è paese.
Informazioni interessanti sulla situazione
giapponese si possono trovare sul sito del
Pellet Club Japan).
IL COSTO DEL PELLET
E DEL RISCALDAMENTO A PELLET
In quasi tutti gli scritti sul pellet, informativi
o scientifici che siano, l’argomento del
costo è affrontarlo o anche posto al centro
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 31 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
della discussione, e in proposito si
possono osservare i tre seguenti approcci.
1. I semplici confronti dei prezzi delle
unità commerciali dei diversi
combustibili (litro di gasolio,
chilogrammo di pellet, metro cubo
di gas naturale, kilowattora di
energia elettrica, quintale o metro
stero di legna, tonnellata (anidra o
umida) o “metro stero riversato” di
cippato, ecc.) nello stesso Paese,
che, di per sè, non dicono nulla di
direttamente confrontabile e perciò
qui verranno solo marginalmente
accennati.
2. I confronti tra i prezzi delle unità di
energia contenuta nei diversi
combustibili ( €/kJ, €/kcal oppure
€/kWht) che però – pur essendo
ben confrontabili – risultano ancora
insufficienti per fornire informazioni
esaurienti e soddisfacenti per
l’utente. Potrebbero tuttavia servire
a chi intendesse alimentare
manualmente con pellet stufe,
cucine economiche o caminetti
predisposti per altri combustibili
solidi, che però non sempre sono
adatti per il nuovo prodotto.
3. I confronti fra i costi dell’unità di
servizio (kcal, KJ o kWht)
effettivamente erogata nella forma
del prodotto “calore ambientale
domestico”. Anche se sono molto
più difficili da calcolare, ovviamente
solo questi tipi di valori portano a
cluster di dati veramente
confrontabili che possono aiutare il
consumatore a compiere le sue
scelte che fondamentalmente
riguardano due tipi di interventi
(installazioni ex novo e
sostituzioni), che richiedono
approcci metodologici, economici e
mentali diversi37.
Indipendentemente da ogni tipo di calcolo,
una supposizione di convenienza generale
(non solo economica) del pellet, almeno in
qualche tipo di impiego, può però essere
semplicemente desunta dalla rapida
crescita ed espansione territoriale del suo
mercato. Infatti, una regola generale di
ogni tipo di economia razionale dice che
se il mercato di un prodotto cresce, ciò
significa che per esso sussiste una reale
domanda non ancora sufficientemente
soddisfatta o, comunque, in aumento. Ciò,
riferito all’Italia, significa che nel nostro
37 In letteratura di regola si trovano solo confronti
tra installazioni ex novo, anche perché nelle
sostituzioni le casistiche possono essere molto
diverse e andare dalla sostituzione integrale senza
modificazione di impianti (una vecchia stufa di
ghisa a legna, oppure anche a carbone o legna,
viene sostituita da una stufa a pellet) a sostituzioni
parziali con relativamente piccole opere murarie
(un bruciatore a gasolio viene sostituito da uno a
pellet, rendendo però necessaria anche la
sostituzione, o modifica, del deposito e del sistema
di adduzione del combustibile), oppure a
sostituzioni integrali che richiedono grandi opere
murarie e impiantistiche (in una casa sinora
riscaldata con apparecchi elettrici singoli e
sprovvista di camino si vuole impiantare un
riscaldamento centrale a pellet).
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 32 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
Paese – notevole produttore e anche
importatore di pellet – si è creata una
nicchia di mercato per questo prodotto che
però potrebbe avere eroso (o erodere)
quote di consumo di altri vettori energetici
rinnovabili, come la legna da ardere o (per
la sua quota idrogravitazionale) la corrente
elettrica. Considerando il consumo
nazionale di pellet – circa 150.000
tonnellate all’anno secondo Panvini (2002)
e 160.000 + 20.000 t/anno secondo Paniz
(2003) – e ritenendo che la maggioranza
delle famiglie consumatrici impieghi
questo combustibile solo per
riscaldamento occasionale o accessorio, si
potrebbe azzardare che all’attualità in
Italia esistano circa 100.000 famiglie che
impiegano pellet. Ciò, facendo riferimento
alla stima di 18 milioni di “abitazioni
riscaldate” eseguita da Riva (2002),
significherebbe che in Italia, nel
riscaldamento domestico, in 1 abitazione
su circa 180 è coinvolto (o talvolta anche
esclusivo) il pellet.
Venendo al prezzo del pellet, in letteratura
è reperibile un certo numero di dati che
nonostante la loro scarsa significatività,
verranno qui riportati per rendere evidenti
le notevoli differenze che esistono fra i
diversi Paesi.
Procedendo in questo senso si può
iniziare nuovamente con la Svezia, per la
quale il Rapporto UMBERA riporta – per
il 1999 – i seguenti prezzi: per grandi
forniture di pellet 100 € per tonnellata (=
0,021 €/kWh), per pellet in sacchi (da
16 kg) 0,16 €/kg (= 0,034 €/kWh), che
contrappone ai 0,45 €/l (0,046 €/kWh)
per l’olio combustibile per piccole forniture
e 0,84 €/kW he per la corrente elettrica per
il piccolo consumo.
Per la Germania invece la Energieagentur
NRW riferisce (senza indicazione
dell’anno) i seguenti prezzi: materiale in
sacchi 0,22-0,25 €/kg, merce in big-bag
0,20-0,23 €/kg e forniture con autocisterna
180-195 €/tonnellata. Holz, Pro Solar e
HEZ, invece, impiegano nei loro calcoli un
solo prezzo, probabilmente riferito al
rifornimento con autobotte, pari a 164 €/t,
ritenuto pari a 0,032 €/kWh, forse
esagerando un po’ con il contenuto
energetico.
Per l’Austria, Padinger e Spitzer (2001)
riportano invece, per il pellet, un prezzo di
0,159 €/kg (corrispondente a 0,034 €/kWh)
che confrontano con i prezzi (inizio 2001)
dei combustibili concorrenti che sono:
0,059 €/kWh per il gas naturale, 0,041
€/kWh per l’olio combustibile, 0,040 €/kWh
per la legna di faggio (prezzo di mercato)
e 0,014 €/kWh per il cippato
(probabilmente di scarti di segheria) o
legno di risulta.
Per l’Italia invece Panvini (2002) segnala
un prezzo di 0,21-0,26 €/kg e 110-150 €/t,
rispettivamente come prezzo di vendita al
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 33 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
dettaglio e all’ingrosso38. Una più recente
indagine di Paniz (2003) ha invece rilevato
prezzi commerciali al dettaglio oscillanti tra
0,20 e 0,26 €kg e riferisce che i produttori
molto piccoli, agendo spesso nel contesto
di economia informali, praticano talvolta
anche prezzi molto inferiori39.
Notizie comparative più ampie (fra
Nazioni, dalla Finlandia fino al Portogallo,
e fra vettori energetici, dall’elettricità al
pellet), tutte riferite all’unità energetica
intrinseca, sono invece riportate nel
Rapporto UMBERA, dal quale si possono
sinteticamente estrarre (per il settembre
1999) le seguenti indicazioni:
•il costo del pellet variava da minimi
di 0,020 – 0,021 €/kWh (in Olanda,
Norvegia, Svezia e Gran Bretagna)
fino a massimi da 0,041 €/kWh (in
Spagna e Portogallo) a 0,056
€/kWh (Italia)40;
38 Più basso, 0,14 €/kg, risul ta invece il “prezzo
medio di mercato” riportato da Giampieri (2002)
che è stato determinato come media aritmetica delle
diverse “entità della fornitura”. Dai calcoli e dalle
assunzioni dello stesso Autore, che è produttore di
impianti di pellettizzazione, risulta che il kWh da
pellet ha un costo inferiore a quello da metano,
gasolio e GPL, rispettivamente, del 42, 58 e 46%.
39 L’ultimo prezzo rilevato in un discaunt di
Padova il 14.02.04 per un bel pellet chiaro di
origine friulana confezionato in sacchi di plastica di
10 kg (senza indicazione dell’umidità) è stato di
0,245 €/kg. Sul bancale contiguo erano esposti
tronchetti pressati (forati e con deprezzatura “a
rottura”) al prezzo di 0,167 €/kg
40 Il valore, notevolmente elevato, riportato per
l’Italia, probabilmente risente del fatto che si tratta
di un prezzo “vecchio” quasi di cinque anni e
verosimilmente riferito all’allora esclusiva e rara
vendita al dettaglio.
•in 13 dei 15 Paesi considerati
(fanno eccezione la Spagna e la
Germania) il kWh da pellet costava
meno di quello dell’olio
combustibile leggero41;
•altrettanto valeva anche per il gas
naturale con la sola eccezione
della Finlandia dove il kWh da gas
naturale costava solo il 60% di
quello da pellet;
•il kWh termico da corrente elettrica
ovviamente costava dappertutto
molto più di quello degli altri vettori
energetici e il suo prezzo superava
quello del pellet di fattori che
variavano da minimi di 2 a 4 (per
Norvegia, Svezia, Spagna e
Portogallo) fino a massimi superiori
a 6 (per Gran Bretagna, Germania,
Olanda e Danimarca).
Un interessante confronto fra l’andamento
nel tempo (gennaio 1999, gennaio 2000,
dicembre 2000 e novembre 2001) del
prezzo del pellet e dell’olio combustibile è
riportata nel numero primavera/estate
2002 della Pelletzeitung austriaca,
pubblicata dalla PVA. I rapporti fra i prezzi
per chilogrammo di pellet e litro di olio
combustibile, per i sopra riportati mesi,
sono, in €uro, 0,17/0,31, 0,17/0,42,
0,19/0,55 e 0,19/0,45. Ammettendo
41 In Germania però negli anni successivi il prezzo
dell’olio combustibile è raddoppiato, così che oggi
anche in quel Paese il pellet risulta più conveniente.
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 34 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
l’equivalenza energetica grossolana di 2
kg di pellet e 1 litro di olio combustibile, le
differenze percentuali del costo di una
unità di energia da pellet riferite a quella di
una da gasolio sono perciò risultate pari a
+10%, - 19%, - 31% e - 16%.
Passando invece al decisivo argomento
del costo della caloria usufruita di cui si è
detto al numero 3 dell’elencazione
introduttiva, si deve anzitutto sottolineare
che i calcoli per determinarlo sono
tutt’altro che semplici (e perciò da affidare
ad un vero specialista), perché
coinvolgono un elevato numero di
grandezze e parametri che, tanto per
citarne i principali, vanno dai costi di
investimento al loro saggio di sconto, dai
prezzi di acquisto dell’energia ai costi
monetari della gestione, dal rendimento
termico dei convertitori alle loro “durate di
vita”, dalle sovvenzioni o agevolazioni
fiscali (per le installazioni a combustibili
biomassali) eventualmente esistenti alla
potenza energetica da installare, ecc.
Un esempio interessante di calcolo di
questo genere (che, pur sintetizzato,
riporta 21 differenti voci di spesa) si trova
in HOLZ - PRO SOLAR - HEZ. Da esso
emerge che in Germania, per il
riscaldamento (comprensivo della
preparazione dell’acqua calda sanitaria) di
una casa di 140 m2 con fabbisogno
energetico di 12.500 kWh all’anno,
•il costo annuo complessivo del
riscaldamento con pellet risultava
inferiore rispetto a quello,
rispettivamente, con olio combustibile,
“gas liquido” e con corrente elettrica,
del 8,9%, 11,4% e 18,7%;
•nel confronto del riscaldamento a olio
combustibile con quello a pellet, il
primo risulta:
o meno caro del 21,2% per il costo di
investimento;
o meno caro del 14,7% per il costo
del combustibile;
o più caro del 90% per le spese di
gestione e manutenzione;
•per il riscaldamento con pellet,
l’elevato costo di investimento (14.400
€) corrisponde:
o a 28,5 costi annuali di
combustibile;
o a 93,8 costi annuali di gestione e
manutenzione;
o a 21,8 costi annuali di combustibile
più gestione e manutenzione.
Più ridotte e meno favorevoli per il pellet
sono invece le differenze riportate da
Rakos (2001) e calcolate per un piccolo
impianto di teleriscaldamento austriaco
con potenza installata di 100 kW e
tubature interrate di soli 50 metri.
Ammettendo per i prezzi dei vettori
energetici i seguenti valori: 0,075 €/kg
per il cippato, 0,138 €/kg per il pellet,
0,440 €/l per l’olio combustibile e 0,480
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 35 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
€/m3 per il gas naturale i calcoli portano
a costi onnicomprensivi (in Euro all’anno
o Euro al kilowattora) poco diversi tra
loro. Il costo minimo (0,069 €/kWh) si
aggiudica l’impianto a cippato mentre
quello massimo (0,078 €kWh) va al gas
naturale; in posizione intermedia si
pongono i riscaldamenti con olio
combustibile (0,071 €/kWh) e con pellet
(0,073 €/kWh)42.
Altrettanto recente (2001) e molto
circostanziato è poi l’interessante studio di
Padinger e Spitzer del prestigioso
Joanneum di Graz, anch’esso riferito alla
situazione austriaca. Dalla complessa
tabella elaborata da questi due Autori, si
può, in sintesi, estrarre che il costo
onnicomprensivo (combustibile + gestione
+ ammortamento all’8%) del chilowattora
utile per l’utente risultava, per il pellet,
inferiore a quello da olio combustibile
(0,101 – 0,105 €/kWh) e da gas naturale
(0,117 – 0,119 €/kWh)43 nei seguenti casi:
•per impianti ad alimentazione
manuale (caldaie a legna della
potenza di 15 kW con rendimento
globale medio stagionale pari a
42 A risultati molto simili lo stesso Autore, assieme
a Herbert Tretter (ambedue della E.V.A.,
austriaca) è pervenuto per il riscaldamento di un
edificio pubblico di Vienna (Amtshaus Wien 7).
43 I prezzi dell’olio combustibile, del gas naturale e
del pellet sono invece indicati con 0,041, 0,059 e
0,034 €/kWh. I rendimenti globali medi stagionali
(Jahresnutzungsgrad) per i riscaldamenti con olio
combustibili e gas naturale sono indicati come =
0,7) con costi variabili tra 0,066 e
0,071 €/kWh;
•per impianti ad alimentazione
alternabile (legna e pellet) con
potenze da 25 a 45 kW e = 0,75,
con costi variabili tra 0,086 e 0,096
€/kWh;
•per impianti con alimentazione
automatica, costruiti
specificamente per la combustione
del pellet, con potenze da 25 a 45
kW e pari a 0,75, con costi
compresi tra 0,084 e 0,099 €/kWh.
Nei confronti dei costi onnicomprensivi fra
impianti domiciliari alimentati con
dendromasse di vario grado di
“elaborazione” (legna, cippato e pellet44) i
medesimi Autori, per gli apparati per cui
sussiste alternativa tra questi combustibili,
hanno calcolato:
•che con l’impiego del pellet al
posto della legna i costi si
riducevano del 7% per le stufe
(Kaminöfen) con potenza da 3 a 8
kW e _ = 0,6, del 9% per i “camini
aperti” con 3-8 kW e _ = 0,4,
dell’8% per le cucine economiche
0,8, mentre risultano minori (= 0,75 o meno) per i
riscaldamenti con pellet.
44 In questi confronti, con riferimento anche alla
nota precedente, i prezzi dell’energia primaria sono
stati ritenuti pari a 0,014 €/kWh per il cippato e
0,40 €/kWh pe r la legna (di faggio a prezzo di
mercato), la quale – nonostante il notevole costo di
lavoro che comporta il suo approntamento – non è
più costosa dell’olio combustibile e molto più a
buon prezzo rispetto al gas naturale.
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 36 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
con 3-8 kW e _ = 0,6 e del 3% per
le stufe di maiolica45. Si tratta, per
chi non le conosce, dei rinomati
Kachelöfen, tipici impianti
tradizionali “a legna”, anche oggi
molto apprezzati per la qualità del
calore che erogano e per il posto
che occupano nella “cultura
dell’abitare” di varie regioni
specialmente alpine46 dove
ultimamente vengono prodotte in
”versioni moderne” molto
decorative che possono avere
rendimenti anche superiori all’88%
dovuti alla separazione
dell’afflusso di aria primaria e
secondaria regolato pure da una
sonda lambda;
•che con l’impiego del pellet al
posto del cippato i costi invece
aumentano nelle seguenti notevoli
misure: per le stufe del 36%; per i
camini aperti del 57%, per le
cucine economiche del 39% e per
le stufe di maiolica del 13%.
Per l’Italia recentemente Signorini (2002),
impiegando valori assunti presso
45 E’, in questo caso di un confronto più di carattere
nominale, perché sembra che siano pochi i
proprietari di queste bellissime stufe che pensano di
passare al pellet (il quale, tra l’altro, non è certo un
buon produttore di “brace lunga”), anche se diversi
fabbricanti oggi producono “moduli per stufe di
maiolica”.
46 In Austria, secondo Herlinde Andersam (2000),
ne è provvista una abitazione su 7, grandi città
comprese.
produttori di caldaie e di pellet47 ha
calcolato il costo annuo onnicomprensivo
del riscaldamento centrale di un
appartamento di 200 m2 con 5
combustibili, addivenendo ai seguenti
risultati: con metano 1.939 €/a, con legna
2.125 €/a, con pellet 2.182 €/a, con
gasolio 3.566 €/a e con GPL 4.114 €/a 48.
Concludendo, l’Autore – che per una
futura produzione di pellet sottolinea la
disponibilità potenziale di potature
frutticole (stimate in 6,2 Mt/a, molto
superiore alle 1,6 Mt/a degli scarti legnosi
industriali non adibiti ad altro impiego) –
vede il maggior campo di impiego del
pellet nelle aree extraurbane come valida
alternativa al gasolio e al GPL.
Ancora per le condizioni italiane un
esauriente studio comparativo del costo
del MWh termico utile è stato predisposto
a cura dell’ENEA da Castellazzi et al.
(2002). Anche da questa analisi, riferita a
una caldaia da 100 Kwh operante per
1500 ore all’anno, risulta la convenienza
economica del cippato (55 €/MWh)
rispetto al pellet (59 €/MWh) 49, che però
47 Le informazioni sul potere calorifico del pellet
(4,8 Mcal/kg) sono sembrate “eccessivamente
elevate” all’Autore che tuttavia le ha impiegate nei
calcoli.
48 Per i diversi sistemi caldaia/combustibile sono
stati assunti rendimenti termotecnici dell’80%, ad
eccezione di quello a metano per il quale è stato
ritenuto congruo un rendimento del 90%.
49 Nel confronto cippato-pellet è anche da
considerare che il cippato richiede un maggiore
volume di deposito (il che può essere importante in
città) e che – se non sufficientemente essiccato –
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 37 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
risulta molto più conveniente del metano
(87 €/Meh) e del gasolio (109 €/MWh), per
i quali non è contemplato il contributo
conto capitale del 30%. Anche da questo
studio emerge la necessità di un’organica
considerazione complessiva: infatti, per
esempio, nel confronto cippato-gasolio i
costi di investimento stanno nel rapporto
22.500/10.000 mentre per il costo del
combustibile lo stesso rapporto diventa
5.000/15.000.
IL CONSUMO DI ENERGIA
NELLA PRODUZIONE DEL PELLET
Nella bibliografia consultata gli argomenti
del consumo energetico nella produzione
del pellet e delle connesse emissione di
CO2 sono spesso trattate solo
marginalmente. Inoltre le informazioni,
frequentemente di tipo relativo (costo
energetico di fabbricazione rapportato al
contenuto energetico del pellet), non di
rado mancano dell’indicazione della forma
di energia considerata nell’input del
processo produttivo, nonché della
tecnologia usata, della specie legnosa
impiegata e delle caratteristiche fisicodimensionali
e, soprattutto, idriche del
materiale di partenza.
Un tipico esempio di questo genere si
trova nel riquadro tecnico-merceologico
dell’ottima informativa sul pellet diffusa
dall’Agenzia per l’Energia della Renania
Superiore-Westfalia, nella quale si legge
richiede rifornimenti più ravvicinati per evitare
perdite energetiche per fermentazioni.
testualmente “Materia prima: trucioli di
pialla e segatura non trattati
(naturbelassen) ” e “Impiego energetico
per la produzione: circa 3% del contenuto
energetico50”. Attribuendo ad 1 tonnellata
di pellet un contenuto energetico di 17 GJ,
si può calcolare che per la sua produzione
siano mediamente necessari circa 142
kWh, i quali, anche se impiegati nella
forma elettrica, dovrebbero essere stati
calcolati in quella termica51.
Un po’ più elevato, 180 kWh/tpellet, è
invece il consumo energetico di
produzione indicato da Gmür (2000) per la
Svizzera, che corrisponde a circa il 3,8%
del contenuto energetico del granulato
fabbricato, mentre un consumo più basso
(2,7% del proprio contenuto di energia,
ovvero 127 kWh/tpellet) è riportato su un
interessante poster, senza data, della
Regionalenergie Steiermark, basato su
studi di Jensch (1988) e di Bergmair
(1996). In questo poster meraviglia il fatto
che tale percentuale venga indicata come
50 Aggiuntivamente a ciò, nella parte del fascicolo
dedicata alle “Richieste alla materia prima” si legge
“per un processo ottimale di pellettizzazione,
l’umidità massimale del legno è limitata a circa il
14%”, che “pellet fabbricato a partire da “legno di
bosco” non è concorrenziale nelle attuali
condizioni” e che il costo energetico relativo può
leggermente variare, a seconda delle esigenze di
lavorazione, specie per quanto riguarda
l’essiccazione e la sminuzzazione.
51 Di un rapporto di circa 3/100 scrive anche
C.A.R.M.E.N. (2002), facendo però specifico
riferimento a trucioli di conifere (Weichholz) con
contenuto idrico non superiore al 15% e
sottolineando la sostanziosa variabilità del rapporto
in relazione alle necessità di triturazione ed
essiccamento.
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 38 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
“consumo energetico a partire dalla
piallatrice, rispettivamente, dalla sega”,
accomunando così in un unico valore il
costo energetico di due processi che – a
causa del differente contenuto idrico del
materiale di partenza – dovrebbe essere
diverso52.
La EcoTre di Settimino in Toscana invece
comunica (in litteris, 10.05.02) che in un
impianto da essa costruito negli U.S.A.
necessita, per la produzione di 1
tonnellata di pellet con umidità del 7 -8%
fabbricato partendo da “scarti di
lavorazione del legno” con umidità del
20%, un consumo di energia elettrica di
soli 35 kWh. Traducendo questi valori in
un rapporto di energia termica si può
calcolare che con il macchinario EcoTre la
produzione del pellet richiede solo un
equivalente del 2,3% del suo contenuto
energetico.
Molto chiari per quanto riguarda la forma
di energia considerata sono anche
Gustavsson e Karlsson (2201) che per la
produzione di 1 “MJ pellets” riportano un
costo energetico di 21 “kJ electricity”, il
che equivale a dire che per la produzione
di 1 tonnellata di pellet (= 17 GJ)
52 Il poster della Regionalenergie Steiermark riporta
anche costi energetici relativi (espressi in
percentuale del contenuto energetico “all’impiego”)
“complessivi ab origine” (cioè calcolati a partire
dall’albero in piedi o dal materiale fossile in
giacimento) di altre forme di dendromassa (1,2%
per legna in catasta, 2% per cippato con uu = 20% e
2,3% per cippato con uu = 30%) e di alcuni
importanti combustibili fossili (10% per il gas
naturale, 12% per l’olio combustibile extraleggero e
14,5% per il GPL).
occorrono 99 kWh elettrici. Ciò significa
anche che se l’energia elettrica viene
prodotta da un combustibile fossile con un
rendimento del 33%, per produrre 1
tonnellata di pellet sono necessari circa
300 kWh termici (fossili), ovvero occorre
bruciare circa 26 kg di olio combustibile.
Inoltre, dato che 300 kWht equivalgono
all’energia contenuta in 64 kg di pellet; ciò
significa che – secondo Gustavsson e
Karlsson e nel caso da essi contemplato –
il costo energetico della produzione del
pellet corrisponde al 6,4% del suo
contenuto energetico.
Molto specifici (cioè riferiti ad un dato
impianto), puntuali (perché indicanti il
materiale di partenza e il suo grado di
umidità) e differenziati (in quanto distinti
nelle due fasi caratterizzanti del processo)
sono pure i dati contenuti in una recente
ricerca dell’EMPA (Laboratorio federale
svizzero per il controllo dei materiali e la
ricerca) secondo la quale per la
fabbricazione di pellet a partire da
segatura fresca (us = 84%) sono stati
spesi 12,8% e 1,5% del contenuto
energetico del pellet, rispettivamente, per
l’essiccazione (eseguita con energia da
olio combustibile) e per il resto del
processo (alimentato da corrente
elettrica).
Poco diversi dai dati svizzeri sono valori
austriaci riferiti da Gerold Thek (in litteris
08.08.02) il quale, per segatura con
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 39 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
umidità (u s) fino a 100%, riferisce di un
consumo di energia termica per
l’essiccazione e l’eventuale
condizionamento che può arrivare fino al
20% del contenuto energetico del pellet, al
quale si aggiunge un consumo di energia
elettrica (per la pellettizzazione vera e
propria, dalla triturazione fino al
raffreddamento) che può arrivare fino al
3%, specificando che si tratta di valori di
riferimento che assolutamente non
possono venire generalizzati.
Infine, in una grande LCA per la Svensk
Brikettenergi (importante compagnia con
16 impianti di produzione in Svezia e uno
in Latvia), Arvidson (1997), citato da
Hirsmark (2001), ha calcolato che per la
fabbricazione commercializzazione di
dendrocombustibili densificati (= DBF =
bricchette e pellets) con un contenuto
energetico di 1 MWh sono necessari 153
kWh di energia di cui 110 per
l’essiccazione53, 21 per consumi elettrici e
16 per trasporti (agli impianti e poi agli
utenti).
Le grandi differenze di costo energetico
assoluto e/o relativo riscontrabili in queste
citazioni sono dovute principalmente
all’umidità del materiale di partenza
impiegato e al tipo di costo considerato
(“aziendale” o di “cicli di vita”). Inoltre, la
pellettizzazione, e spesso anche la
53 Interessante per questa onerosa fase di
produzione, che viene condotta con energia termica
da dendromassa, è che essa necessita, come energia
ausiliaria, solo il 3,8% di non-bioenergy input.
frammentazione/triturazione, è più
onerosa per il legno di latifoglie.
Molto interessante, in questo senso, è il
“design tecnico usuale di un impianto di
pellettizzazione” riportato da Rapp (2001),
che, organizzato come segue,
•essiccazione: 1 MWh per
ogni tonnellata di acqua evaporata;
•triturazione: 15 kWh per
tonnellata di materiale triturato;
•pellettizzazione: 60 kWh per
tonnellata di pellet prodotto;
•raffreddamento: 5 kWh per
tonnellata di pellet raffreddato,
con l’originale strutturazione della prima
voce, mette in giusta evidenza la
variabilissima e incisiva incidenza della
fase di essiccazione.
Non facili da interpretare sono invece le
magre 25 righe (su 82 pagine) che il
Rapporto UMBERA (2000) dedica
all’argomento, delle quali qui si riportano i
tre punti conclusivi, che sono i seguenti.
•La richiesta energetica per la
pellettizzazione (includendo il
condizionamento) varia da 80 a 130
kWh/t. Lo specifico ammontare dipende
da diversi fattori di produzione
(lubrificanti, vaglio, frantumazione,
matrici, ecc.).
•Una tonnellata di legno secco (dry)
contiene l’equivalente energetico di
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 40 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
1.000 kWh-forza (kWh-power) oppure di
4.500 kWh-calore (kWh-heat).
•Basata su questo rapporto e sulle
indicazioni dei consumi dichiarate dai
produttori54, per la quantità di energia
(espressa in forma termica) richiesta per
la pellettizzazione dovrebbe valere che:
o un corrispondente dell’ 8 a 13% del
contenuto energetico del pellet è
necessario per pellettizzare
materiale secco;
o un corrispondente del 10 a 25% del
contenuto energetico del pellet
occorre per la pellettizzazione di
materiale umido (wet), quale
segatura, includendo
l’essiccazione;
o un corrispondente del 18 a 35% del
contenuto energetico del pellet
dovrebbe essere richiesto per il
processo di pellettizzazione di
cippato (verosimilmente fresco
n.d.r.), includendo l’essiccazione e
la frammentazione.
Nel loro complesso i valori superiori di
questa tripletta di range di consumi
paiono piuttosto elevati, ma vengono qui
doverosamente riportati anche in
considerazione dello staff di specialisti che
ha concorso alla redazione del Rapporto
UMBERA.
54 A proposito di questi valori dichiarati (che qui
non si riportano nel dettaglio), il rapporto fa notare
che dal punto di vista della fisica non è lecito che
kWh-power (per il macchinario della
pellettizzazione) vengono mescolati (is mixed up)
con kWh-heat (del contenuto energetico del legno).
Comunque casi di consumi spaventosi
come l’ultimo riportato – nei quali il pellet
prodotto verrebbe a valere
energeticamente meno del triplo
dell’energia impiegata nel processo di
fabbricazione – sembrano da ritenere
veramente eccezionali e dovrebbero poter
avvenire solamente se
contemporaneamente si verificassero:
•la necessità tecnica o la convenienza
economica di impiegare materiale fresco
molto grossolano e con elevatissimo
grado di umidità;
•l’impiego di un’onerosissima tecnologia
di essiccazione che si avvalga di calore
prodotto da energia elettrica di
derivazione fossile.
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 41 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
Contenuto idrico del legno umido (uu%) 60 50 40 30 20
Contenuto idrico del legno essiccato (uu%) 13 13 13 13 13
Acqua da sottrarre a 1 kg di legno umido (kg) 0,47 0,37 0,27 0,17 0,07
Energia di evaporazione necessaria (Wh/kg.l.u.) 319 251 183 115 47
Contenuto energetico del legno umido (Wh/kg.l.u.) 1649 2231 2812 3394 3976
Quantità di legno umido occorrente per l’essiccaz. (kg) 0,228 0,132 0,077 0,040 0,014
Quantità percent. aggiuntiva di l.u. occorrente (%) 22,8 13,2 7,7 4,0 1,34
Quantità di pellet occorr. per essiccare 1 kg di l.u. (kg) 0,080 0,063 0,046 0,029 0,012
Quantità di olio comb. occorrente per ess. 1 kg l.u. (kg) 0,033 0,026 0,019 0,012 0,005
Quantità di legno umido occ. per fabbr. 1 kg pellet (kg) 2,315 1,852 1,543 1323 1,157
Quantità di pellet occorrente. per 1 kg di pellet(*) (kg) 0,185 0,117 0,071 0,038 0,014
Quantità percentuale di pellet occorrente (%) 18,5 11,7 7,1 3,8 1,4
(*) Quantità di pellet occorrente per essiccare il legno umido necessario per la fabbricazione di 1 kg di pellet.
Tabella 4 - Costo energetico dell’essiccazione di 1 kg di legno umido fino a un contenuto idrico (uu) di
11-15% circa.
Per inserire un punto di riferimento in
questo abbastanza movimentato
panorama di letteratura, nella tabella 1
sono state calcolate le quantità di legno
umido, di pellet o di olio combustibile
occorrenti per produrre (con rendimento
termotecnico dell’85%) l’energia
necessaria per evaporare l’acqua in
eccesso nel legno umido. Pur trattandosi
di quantità teoriche che non tengono conto
di alcuna integrazione energetica e che
fanno riferimento ad un altrettanto teorico
processo di disidratazione per sola
somministrazione di calore, questi valori
possono essere di una certa utilità per
formasi un’idea sui consumi materiali e
energetici della fase dell’essiccazione del
materiale di partenza.
Quanto esposto nella tabella 4 riguarda
però solo il consumo energetico della fase
di processo relativa all’essiccazione del
legno, ma non anche l’intero costo
energetico nella filiera del pellet,
dall’albero in bosco fino al consumatore.
Per addivenire a questo costo
complessivo bisogna perciò considerare
anche il consumo energetico delle altre
fasi del processo industriale e aggiungervi
il costo energetico (antecedente) del
materiale che viene pellettizzato
(attualmente costituito quasi sempre da
trucioli di piallatura o da segatura) e il
costo energetico (successivo) della
commercializzazione e dei trasporti fino al
consumatore. In altre parole, bisogna
eseguire una life cycle analysis (LCA) che
abbia per unità funzionale un’unità di peso
del pellet o anche una sua unità di
contenuto energetico.
Essendo la materia prima per la
fabbricazione del pellet un coprodotto di
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 42 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
un prodotto principale oggi generalmente
costituito da un segato, piallato, tranciato o
sfogliato, nel contesto di una siffatta LCA
sorge anzitutto il problema dell’attribuzione
ad essa della parte di spettanza del costo
energetico dell’insieme prodotto-coprodotti
avvenuto fino al momento della “nascita”
del coprodotto. Sorge cioè un problema di
allocazione di input energetici pregressi a
proposito della quale il Working Group 1
(WG1) della COST Action E9 (Berg 2001)
suggerisce “che i flussi vengano allocati in
tutti i prodotti o servizi che hanno un
valore monetario”, e ritiene, per i prodotti
forestali, “as reasonable” una ripartizione
in base al peso55. Altrettanto vale per i
coprodotti prezzabili (cortecce, sciaveri,
refili, ecc.) che vengono impiegati per la
produzione di energia di processo.
Ai sensi dell’allocazione dei costi
energetici in relazione al peso, se nella
lavorazione di 1 tonnellata di tondame da
sega vengono prodotte anche 0,15 t di
perline grezze nella cui successiva
piallatura e profilatura vengono prodotti
20% di trucioli di pialla, a questi ultimi – se
possono essere venduti a un pellettificio –
va attribuito:
•il 15% del 78% del costo energetico
assommato della produzione
(boschiva) del legno, dell’abbattimento,
55 Non vengono però esclusi altri criteri di
allocazione, quali il volume o il valore monetario.
Prospettive e punti di vista per l’allocazione sono
forniti dal WG III (Jungmeier et al., 2001)
allestimento e smacchio, del trasporto
in segheria, della scortecciatura e della
segagione56;
•il 20% del costo energetico
dell’essiccazione delle perline grezze
e della loro piallatura e profilatura;
•il 100% del costo del trasporto dei
piallacci dalla segheria al pellettificio57.
Se, invece, l’allocazione viene eseguita in
base ai prezzi di vendita, i termini
quantificativi del problema cambiano
completamente perché, per fare un
esempio, a parità di grado di umidità 1
tonnellata di segatura vale al massimo,
per legname da sega ordinario, 1/10 del
valore di 1 tonnellata di segato tombante
fresco.
Non di rado però il costo energetico della
materia prima – e, se del caso, anche di
una fonte di energia di processo – non
viene considerato in quanto
56 Nel prodotto 0,15 x 0,78 = 0,117 (= 11,7%) lo
0,15% rappresenta l’aliquota di perline grezze sul
segato grezzo complessivo che, a sua volta,
corrisponde allo 0,78 del tondo scortecciato. Il
restante 22% è costituito da altri coprodotti prezzati
(sciaveri, refili, troncature) soggetti ed allocazione.
Nulla viene invece allocato alla corteccia che, non
avendo prezzo, è un vero rifiuto.
57 Il criterio (ecologico) dell’attribuzione pro rata
ponderale dei costi energetici pregressi è sorretto
dal fatto che – nel caso illustrato – all’inizio della
filiera del truciolo, cioè in bosco, i futuri trucioli di
pialla sono indistinta parte dei tronchi che vengono
esboscati. E rimangono, in seguito, indistinta parte
dei tronchi trasportati, del legno dei tronchi
scortecciati e delle perline grezze, prima e dopo
l’essiccazione. Diventano specificamente esistenti
solo all’atto della profilatura e piallatura delle
perline essiccate, portandosi però addosso, pro rata,
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 43 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
nell’allocazione dei costi di filiera quelli
antecedenti e di processo vengono tutti
ripartiti fra i prodotti industriali (tavolame e
perline piallate nel caso dell’esempio
fatto), lasciando così a costo energetico
nullo gli “scarti” industriali (i quali, nel caso
illustrato, sono i trucioli di pialla, la
segatura, le troncature, gli sciaveri e i refili
che tutti sono materialmente “caduti”, pro
rata, nella produzione del tavolame grezzo
e delle perline sagomate e piallate). Su
questo argomento si tornerà ancora alla
fine del sottocapitolo successivo.
Per evitare inutili lungaggini e noiose
ripetizioni, opportune quantificazioni
esemplificative dei costi energetici della
fabbricazione del pellet in due linee di
processo alimentare con combustibili
diversi (fossili e biomassali) verranno
incluse nei calcoli del capitoletto che
segue.
LE EMISSIONI DI CARBONIO
NELLA PRODUZIONE DEL PELLET
Nell’importante argomento delle emissioni
di carbonio nella produzione del pellet, il
problema assume aspetti e dimensioni
(contabili) diversi a seconda del tipo di
energia impiegata (o impiegabile) nelle
varie fasi della filiera di prodotto che va
dall’approvvigionamento della materia
prima fino al prodotto finito insilato in
stabilimento.
tutti i costi energetici della loro passata esistenza
La distinzione dei vari tipi di energia
impiegati e delle fonti da cui provengono,
è di fondamentale importanza per il
bilancio del carbonio dell’atmosfera per i
motivi che ora verranno sinteticamente
richiamati.
Facendo riferimento alle tecnologie di
produzione più usuali e alla
pellettizzazione di segatura umida si può
constatare che generalmente viene (o
deve venire) impiegata:
1. energia termica per l’essiccazione
della segatura e per la produzione del
vapore per l’eventuale
condizionamento;
2. energia elettrica per le restanti fasi del
processo (triturazione, pellettizzazione,
raffreddamento e movimentazioni con
nastri trasportatori);
3. energia meccanica per i trasporti e le
movimentazioni su ruota.
A ciò poi si deve aggiungere che mentre
l’energia meccanica, almeno all’attualità, è
quasi sempre di derivazione fossile
(generalmente da gasolio), quella termica
e elettrica possono essere tanto di
derivazione fossile (da olio combustibile,
gas naturale o carbone) integrale o
parziale58, quanto di derivazione
dendromassale (da cortecce, segatura
umida o cippato) oppure, più
indistinta.
58 La derivazione fossile integrale si ha negli
impianti aziendali, mentre quella parziale si ha
nell’impiego di energia elettrica da rete alla cui
produzione concorrono anche energie primarie non
fossili (idroelettrica, eolica, nucleare, ecc.).
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 44 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
genericamente, di derivazione biomassale.
L’energia di origine dendromassale come
tale59, a causa della rinnovabilità del legno,
può essere (contabilmente) considerata,
almeno in prima battuta, ad emissione
carbonica nulla. Questa circostanza
dell’emissione zero ovviamente deve
essere intesa in un senso figurato (o
contabile) e non anche in quello materiale,
in quanto pure nella combustione della
dendromassa viene emessa CO2 (e, anzi,
per kWh prodotto, molta CO2); questa CO2
però è “recente” (cioè presa da poco “in
prestito” dall’atmosfera) e di conseguenza
si configura come innocua “partita di giro”
nel bilancio del carbonio dell’atmosfera60.
Le emissioni di CO2 da combustibili fossili
59 La specificazione “come tale” è da intendere nel
senso di “senza considerazione dell’energia fossile
consumata nella sua produzione biologica e
tecnologica”.
60 In una accezione più ampia e teorizzata (=
seconda battuta) questa fondamentale
constatazione, in certi tipi di considerazioni, può
però anche essere messa, almeno parzialmente, in
discussione. Ciò in quanto – ipotizzando l’esistenza
di un sistema mondiale nel quale sussista una certa
richiesta di energia e una data disponibilità di
biomassa per impiego energetico – la dendromassa
impiegata per produrre energia di processo per la
fabbricazione di pellet potrebbe “spendere” la sua
utilità di surrogazione energetica anche in un altro
luogo per un altro processo, oppure – se non
venisse bruciata – potrebbe far aumentare la
quantità di pellet prodotta. In concreto poi questa
considerazione (del tipo di quelle del “costo
opportunità” dell’economia) può venire anche
allargata, mutatis mutandis, agli usi alternativi ai
quali potrebbe venire destinata la dendromassa in
oggetto. Così, ad esempio, il beneficio non
sussisterebbe se venissero bruciati sciaveri o refili
che potrebbero servire per la produzione di pannelli
truciolari (con leganti amilacei) che a fine servizio
venissero utilmente bruciati.
sono invece di natura “antica” (in quanto
consistono nella rimessa in circolazione di
carbonio assente dall’atmosfera da milioni
di anni) e pertanto diventano dannose e
squilibranti “partite di entrata” nel bilancio
del carbonio dell’atmosfera.
Nella fabbricazione del pellet, e in
particolare per la fase dell’essiccazione
della materia prima, si va sempre più
diffondendo la produzione di energia da
dendromassa, con evidenti vantaggi
ecologico-ambientali e spesso anche
economici. Così, se l’essiccazione della
segatura viene eseguita con energia
termica di origine dendromassale, essa,
pur tenendo conto anche dei consumi
accessori di energia fossile accennati nella
nota 52, diventa un segmento di processo
ad emissione molto ridotta di CO2 nociva.
Altrettanto vale per il segmento della
pellettizzazione se questo viene governato
con energia elettrica autoprodotta in un
impianto di generazione (o di
cogenerazione61) alimentato con corteccia
e/o segatura.
Del tutto diverso è invece il quadro
dell’emissione di CO2 se l’energia termica
per l’essiccazione è di diretta derivazione
fossile62 e l’energia elettrica per la
61 Facendo ricorso alla cogenerazione e impiegando
l’energia termica risultante nell’essiccazione della
segatura, le emissioni di CO2 nocive si riducono
ancora sensibilmente.
62 Si dice “derivazione diretta”, cioè energia termica
ricavata da combustione di vettori fossili, perché
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 45 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
pellettizzazione viene da un impianto
termoelettrico alimentato da un
combustibile fossile. In questo caso infatti
tutta l’energia consumata nel processo
industriale dà luogo a emissione (nociva)
di CO2 antica63.
Per fare un confronto tra i due scenari
principali ora sommariamente abbozzati, si
può costruire un esempio illustrativo della
fabbricazione di pellet con segatura fresca
(us = 80%, corrispondente a uu = 44,4%),
basato sulle seguenti supposizioni e
parametrazioni generali e alternative:
•quantità di segatura fresca (SF)
occorrente per la fabbricazione
materiale di 1 tonnellata di pellet (P)
pari a 1,667 tonnellate64;
•costo energetico per la produzione di 1
tonnellata di pellet pari a 600 kWht per
l’essiccazione, 60 kWhe per la
pellettizzazione e 30 kWht per attività
accessorie;
•essiccazione della segatura fresca:
o con energia termica da olio
combustibile (OC), con potere
calorifico di 11,4 kWh/kg ed
ricavare energia termica da energia elettrica di
qualsiasi origine sarebbe uno spreco persino in
Norvegia o nel Canada.
63 Se invece l’energia elettrica è “da rete”,
l’emissione di CO2 antica è minore nella misura in
cui il mix energetico nazionale della corrente
elettrica è alimentato da fonti rinnovabili o dal
nucleare
64 Valore calcolato come rapporto tra il contenuto
idrico della segatura fresca (80% sul peso anidro) e
del pellet (8% sul peso anidro) ed eseguito come
1,8 : 1,08 = 1,667 tSF/tP.
emissione di carbonio pari a 0,96
kgC/kgOC(65), impiegato in
bruciatore con rendimento
termotecnico dell’85% o, in
alternativa,
o con energia termica da segatura
fresca (SF), con potere calorifico di
2,5 kWh/kgSF, impiegata in
bruciatore con rendimento
termotecnico dell’80%;
•rendimento della centrale elettrica “a
fossile” (alimentata da olio
combustibile con potere calorifico di
11,4 kWh/kg) pari a 33%;
•rendimento della centrale elettrica
aziendale a segatura uguale al 27%,
considerata non cogenerativa;
•emissione (pregressa) di carbonio
fossile nella produzione di 1 tonnellata
di segatura fresca – per produzione
forestale, trasporto in segheria (80
km), segagione e trasporto al
pellettificio (50 km) con allocazione in
ragione del peso – pari a 17 kgC/tSF66.
65 L’emissione di carbonio di 1 kg di olio
combustibile è stata elevata dagli 0,86 kgC/kgOC
concreti agli 0,96 kgC/kgOC contabili per tenere
conto delle emissioni e perdite nel processo di
produzione (emissioni per estrazione, trasporto,
raffinazione, trasporto all’utenza finale e perdite
materiali). Altrettanto vale anche per il gasolio
impiegato per le sopra nominate attività accessorie.
66 L’incerto valore di 17 kgC/tSF è stato calcolato
estrapolando i valori di alcuni moduli (produzione
boschiva, trasporto e segagione) di LCA
germaniche e considerando valori emessi da alcune
realtà alpine italiane. L’ammontare relativamente
alto del valore è dovuto al fatto che nei trasporti e
nelle manipolazioni viene sempre movimentato una
notevole massa di acqua e che nel secondo trasporto
un autotreno con portata utile di 32 t e cassoni
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 46 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
Sulla scorta di questi dati ipotizzati, nel
caso di impiego di energia da
combustibile fossile per l’essiccazione
della segatura fresca (SF) e per la
produzione dell’energia elettrica di
processo (= procedimento OC), per la
fabbricazione di 1 tonnellata di pellet (P)
si può calcolare:
•impiego di segatura fresca (SF) per la
produzione materiale della tonnellata
di pellet
1.800 kgSF/tSLA : 1,08 tP/tSLA =
1667 kg SF/tP;
collegata (pregressa) emissione di
nociva CO2 da combustibili fossili
1.667 kgSF/tP x 0,017 kgC/kgSF x
3,667 = 103,9 kgCO2/tP(67);
•consumo di olio combustibile (OC) per
l’essiccazione
600 kWht/tP : 11,4 kWht/kgOC :
0,85 = 61,9 kgOC/tP;
conseguente emissione di nociva CO2
da combustibile fossile
61,9 kgOC/tP x 0,96 kgC/kgOC x
3,667 = 217,9 kgCO2/tP;
•consumo di OC per la produzione di
energia elettrica per la pellettizzazione
60 kWhe/tP : 11,4 kWht/kgOC :
0,33 kWhe/kWht = 15,9 kgOC/tP;
capaci di 85 mc ad ogni viaggio vengono trasportati
solo 85 msr SF [0,42 tDMA/m3A (1,8
tDMF/tDMA : 1,12 m3 F/m3A) 0,25 m3 /msr] =
14,3 tSF di legno di abete rosso con o = 0,42
g/cm3.
67 Il coefficiente 3,667 (= 44 : 12) esprime il
rapporto tra i pesi molecolari di CO2 e C.
conseguente emissione di nociva CO2
da combustibile fossile
15,9 kgOC/tP x 0,96 kgC/kgOC x
3,667 = 56,0 kgCO2/tP;
•consumo di gasolio (G) per attività
accessorie68
30 kWh/tP : 11,6 kWh/kgG : 0,25 =
10,3 kgG/tP;
conseguente emissione nociva di CO2
da combustibile fossile
10,3 kgG/tP x 0.96 kgC/kgG x
3,667 = 36,3 kgCO2/tP;
•emissione complessiva di nociva CO2
antica (CO2a) da combustibile fossile
103,9 + 217,9 + 56,0 + 36,3 =
414,1 kgCO2 a/tP, frazionabile in:
310,2 kgCO2a/tP per consumo
energetico di processo, e
103,9 kgCO2a/tP per costo
energetico della segatura del
pellet.
Per il caso di impiego di energia termica
ed elettrica autoprodotta con segatura
fresca (= procedimento SF) il calcolo –
eseguito, per la segatura, con il criterio
dell’allocazione in ragione del peso –
diventa invece il seguente:
•impiego di segatura fresca (SF) per la
produzione materiale di pellet
68 Nelle attività accessorie, considerate con
rendimento del 25%, sono ritenuti inclusi anche i
costi carbonici della costruzione e manutenzione
dello stabilimento nonché quelli del suo futuro
smantellamento.
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 47 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
1.800 kgSF/tSLA : 1,08 tP/tSLA =
1667 kg SF/tP;
collegata (pregressa) emissione di
nociva CO2 da combustibili fossili
1.667 kgSF/tP x 0,017 kgC/kgSF x
3,667 = 103,9 kgCO2/tP;
•consumo di segatura fresca (SF) per
l’essiccazione:
600 kWht/tP : 2,5 kWht/kgSF : 0,8 =
300,0 kgSF/tP
conseguente emissione attuale di
ininfluente CO2 da dendromassa
300,0 kgSF/tP x 0,28 kgC/kgSF x
3,667 = 308,0 kgCO2/tP(69);
e pregressa emissione di nociva CO2
fossile nella produzione della SF
300,0 kgSF/tP x 0,017 kgC/kgSF x
3,667 = 18,7 kgCO2/tP;
•consumo di SF per la produzione di
energia elettrica per la pellettizzazione
60 kWhe/tP : 2,5 kWht/kgSF : 0,27
kWhe/kWht = 88,9 kgSF/tP(70)
conseguente emissione attuale di
ininfluente CO2 da dendromassa
88,9 kgSF/tP x 0,28 kgC/kgSF x
3,667 = 91,3 kgCO2;
e pregressa emissione di nociva CO2
fossile nella produzione di SF
69 Il valore 0,28 kgC/kgSF è stato calcolato
considerando che in 1 kg di segatura fresca (con uu
= 44,4%) sono contenuti solo 0,556 kg di sostanza
legnosa anidra, che contiene il 50% (in peso) di
carbonio.
70 Si annota che nell’alternativa precedente con i
300,0 + 88,9 = 388,9 kg di segatura fresca ora
impiegata come combustibile si sarebbero potuti
alternativamente produrre 388,9 kgSF : 1,8
kgSF/kgDA x 1,08 kgP/kgDA = 233,3 kg di pellet.
88,9 kgSF/tP x 0,017 kgC/kgSF x
3,667 = 5,5 kgCO2/tP;
•consumo di gasolio (G) per attività
accessorie71
30 kWht/tP : 11,6 kWht/kgG : 0,25 =
10,3 kgG/tP;
conseguente emissione nociva di CO2
da combustibile fossile
10,3 kgG/tP x 0.96 kgC/kgG x
3,667 = 36,3 kgCO2/tP;
•emissione complessiva di ininfluente
CO2 da dendromassa
308,0 + 91,3 = 399,3 kgCO2
recente/tP;
•emissione complessiva di nociva CO2
antica (CO2a) da combustibile fossile
103,9 + 18,7 + 5,5 + 36,3 = 164,4
kgCO2 a/tP, frazionabile in:
36,3 kgCO2a/tP per consumo
energetico di processo da combustibili
fossili,
24,2 kgCO2a/tP per costo energetico
della segatura per uso energetico, e
103,9 kgCO2a/tP per costo
energetico della segatura del
pellet.
71 Vale quanto detto nella nota 55.
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 48 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
CRITERIO DI CONSIDERAZIONE Emissione di CO2 antica (kgCO2a/tP)
DELLA SEGATURA Per il pellet Per energia
da OC
Per energia da SF Totale
Con costo carbonico pregresso
Procedim. OC con alloc. per peso 103,9 310,2 414,1
Procedim. SF con alloc. per peso 103,9 36,3 24,2 164,4
Procedim. OC con alloc. per valore 22,0 310,2 332,2
Procedim. SF con alloc. per valore 22,0 36,3 5,1 63,4
Senza costo carbonico pregresso
Processo OC 310,2 310,2
Processo SF 36,3 36,3
Nota Gli acronimi impiegati stanno per: olio combustibile (OC) e segatura fresca (SF).
Tabella 5 - Emissione di CO2 antica per la fabbricazione di 1 tonnellata di pellet.
Con i risultati finali di queste due serie di
calcoli sommari si è costruita la tabella 5
dalla quale emerge anzitutto l’incidenza
fondamentale del criterio di allocazione del
costo carbonico pregresso della segatura
fresca sia per quanto riguarda il suo ruolo,
sempre esistente, di materia prima del
pellet, sia per quanto consegue al suo
impiego quale fonte energetica per le
principali fasi del processo di produzione.
Per rendere evidente la grande influenza
del criterio di allocazione del costo
carbonico della segatura fresca sul totale
(contabile) delle emissioni di CO2 antica,
nel primo blocco di valori della tabella 5,
dopo i costi calcolati con le allocazioni
riferite al peso, si sono inseriti (in carattere
corsivo) anche quelli risultanti da
un’allocazione del costo carbonico della
SF in ragione del valore72. I cali dei costi
72 Per questa allocazione si è ammesso che il prezzo
della segatura fresca possa essere di 1/10 del prezzo
del segato tombante grezzo; si è pure tenuto conto
del fatto che nel secondo trasporto (i 50 km dalla
segheria al pellettificio) la segatura è già prodotto e
quindi ha allocazione 100%. Ciò considerato il
carbonici risultanti da questa allocazione
in ragione del valore, che incidono
soprattutto sul costo carbonico della
segatura da pellettizzare, sono notevoli e
precisamente – 20% per il procedimento
OC e – 61% per il procedimento SF.
Per il blocco “Senza costo carbonico
pregresso” (= nessuna allocazione di input
pregressi al sottoprodotto segatura fresca
considerato scarto senza valore) è stato
cambiato lo scenario di filiera, che diventa
“pellettizzazione in segheria” e, perciò,
considera solo la “produzione” della
segatura e non anche il suo successivo
trasporto al pellettificio, il cui costo
carbonico non sarebbe stato in alcun
modo eludibile.
Non si è invece presa in esame l’ipotesi
dell’impiego di materiale secco (trucioli di
pialla anziché segatura fresca), perché nel
criterio dell’allocazione in ragione del peso
si sarebbe trattato solo di trasferimento ad
costo carbonico della segatura fresca franco
pellettificio ammonta a circa 3,6 kgC/tSF.
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 49 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
altra partita da un medesimo costo
carbonico. Infatti essiccare le perline
grezze fresche (dalle quali poi verranno i
piallacci) costa, per unità di peso fresco,
grosso modo la stessa quantità di energia
che l’essiccazione della segatura fresca.
LE EMISSIONI DI CARBONIO
NELL’IMPIEGO DEL PELLET E LE
CONCOMITANTI EVITATE EMISSIONI DI
CARBONIO ANTICO
Anche le emissioni di carbonio che
avvengono nell’impiego di pellet per uso
combustibile sono di due tipi, e cioè:
1. anidride carbonica di origine
biomassale emessa nella
combustione del pellet che,
ammontando a (1 kgDA : 1,08) kgP x
0,5 kgC/kgDA x 3,667 = 1,7 kg
CO2/kgP, costituisce la stragrande
maggioranza delle emissioni di CO2 ,
e che – nelle condizioni di equilibrio (o
sovraequilibrio73) assestamentale qui
sempre considerate – non da luogo
ad aumento dell’effetto serra;
2. anidride carbonica di origine
fossile emessa nella
commercializzazione del pellet74 e
73 Per “equilibrio sovrassestamentale” si intende la
condizione di gestione boschiva in cui
l’asportazione di carbonio con le utilizzazioni è
inferiore alla produzione ecosistemica netta. E’, in
concreto, quanto oggi avviene in quasi tutte le aree
forestali europee.
74 Per evitare doppie imposizioni qui non vengono
più considerati i costi carbonici della produzione
del pellet (delle quali si è detto al capitolo
precedente) ma solo quelle che avvengono fra
l’uscita dal pellettificio e l’impiego.
nella gestione del bruciatore75, che
costituisce una quantità esigua rispetto
alla precedente, ma contribuisce
all’aumento dell’effetto serra.
In concreto le emissioni di CO2 antica per i
trasporti (dal produttore al distributore e da
questo fino al consumatore), nel caso di
consegne sufficientemente ben oganizzate
e di un percorso medio andata+ritorno di
120 km, non dovrebbero superare lo 0,3%
delle emissioni di CO2 recente della
combustione del pellet trasportato.
Tuttavia, nel caso di acquisto in sacchi al
supermercato e allocazione del consumo
di carburante dell’autovettura secondo il
peso, il rapporto CO2a/CO2r anche
superare il 5%.
Se, come pare lecito fare, si presume che
alla produzione di energia termica alla
quale viene fatto riferimento si debba
comunque in qualche maniera provvedere,
nel caso in cui il combustibile che viene
sostituito sia di origine fossile (gas
naturale, olio combustibile, carbone o
lignite), l’impiego del pellet dà luogo al
cosiddetto effetto di surrogazione
energetica (energy substitution,
Energiesubstitution), ovvero a produzione
75 Da un certificato di prova di una caldaia austriaca
a pellet della potenza nominale di 25 kW risulta che
la richiesta di energia elettrica di esercizio (per
motori e dispositivi di accensione) ammonta a circa
l’1% della potenza nominale. Più elevato è
generalmente il consumo di energia da carburanti
fossili nel trasporto del pellet, che può essere anche
molto lungo (in Campania viene commercializzato
pellet prodotto in Latvia).
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 50 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
di energia termica con emissione di CO2
neutrale (nei riguardi del contenuto di
carbonio dall’atmosfera) invece che di CO2
aggiuntiva, cioè nociva. Questa
sostituzione energetica dà luogo
all’importante effetto dell’evitato
consumo di energia fossile, ovvero, in
altri termini, all’evitata emissione di
carbonio antico (avoided emission,
vermiedene Emission).
Seguendo questo ragionamento si può
anzitutto constatare che nella produzione
di energia termica con combustibili “pronti
per l’uso nel luogo dell’impiego”76, a parità
di rendimento termotecnico:
•1 chilogrammo di pellet sarà in grado
di sostituire il consumo,
rispettivamente, di 0,35 kg di gas
naturale, di 0,41 kg di olio combustibile
e di 0,58 kg di antracite77;
•1 chilowattora prodotto con pellet evita
l’immissione in atmosfera ,
rispettivamente:
di 0,21 kg di CO2 antica, se viene
sostituito gas naturale;
di 0,28 kg di CO2 antica, se viene
sostituito olio combustibile;
di 0,41 kg di CO2 antica, se viene
sostituita antracite.
76 I valori che seguono sono stati calcolati sulle
seguenti basi: pellet 4,7 kWh/kg e 0,46 kgC/kg; gas
naturale 13,4 kWh/kg, 0,72 kg/m3 e 0,75 kgC/kg;
olio combustibile 11,4 kWh/kg, 0,92 kg/m3 e 0,86
kgC/kg; antracite 8,1 kWh/kg e 0,91 kgC/kg.
77 Argomentando in termini di m3 per il gas naturale
e di litri per l’olio combustibile, le quantità
sostituite diventano 0,49 m3
GN/kgP e 0,45
litriG/kgP.
Questi valori – calcolati, come sottolineato,
per “combustibili pronti per l’uso nel luogo
di impiego” – delineano però un quadro
distorto dell’evitato consumo di energia
fossile e della conseguente evitata
emissione di carbonio antico, perché non
considerano le emissioni antecedenti di
carbonio antico che avvengono lungo le
rispettive filiere di produzione (dal luogo di
origine al luogo dell’impiego), delle quali si
dirà subito appresso.
Per addivenire a risultati soddisfacenti e
sostenibili dal punto di vista ecologicoambientale
è perciò necessario eseguire
analisi di ciclo di vita (“dalla culla alla
tomba”) per le diverse filiere di produzione
del pellet (con tutte le necessarie
ramificazioni a monte e computazioni a
valle) e per i vari combustibili di confronto.
Si tratta, nella fattispecie, di LCA
particolari nelle quali, come dianzi detto,
nella fase di inventario, non vengono
considerate le emissioni di CO2
biomassale. Per quanto riguarda invece le
emissioni di CO2 antica è richiesta
attenzione e rigore affinché, nell’ambito di
ragionevoli limiti di considerazione, non
venga trascurata alcuna emissione (o
perdita materiale) che si verifica, per il
combustibile considerato, a partire dalla
produzione della forma originaria
(estrazione dai giacimenti per i materiali
fossili e coltivazione boschiva per la
dendromassa) nel luogo di origine fino ad
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 51 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
arrivare fino all’impiego nella forma finale
(gas naturale rettificato, olio combustibile
BTZ, gasolio, lubrificanti, koke e pellet),
conteggiando ovviamente anche tutti i
costi carbonici delle trasformazioni
assieme a quelli delle macchine e degli
impianti in esse operanti, dalla loro
costruzione fino al loro futuro
smantellamento a fine uso.
Siffatte LCA ovviamente possono essere
eseguite solo da istituti specializzati (o con
programmi da essi predisposti) che nelle
loro banche dati hanno archiviato
numerosi moduli (costo carbonico di 1 kg
di trattore, di 1 t/km di trasporto con
autotreno, ferrovia o nave, perdite di
carbonio per guasti, incidenti,
fiaccolamenti, lavaggi di cisterne, ecc.)
che, opportunamente selezionati e
assemblati, permettono di utilizzare
risultanze calcolate in precedenti analisi.
In questo senso, a puro titolo di esempio
non generalizzabile e probatorio, si
abbozzeranno ora alcuni rudimenti di LCA
allo scopo di illustrare anche
numericamente qualche caso di
surrogazione energetica e di evitata
emissione di CO2 antica risultante
dall’impiego del pellet.
Per queste analisi, per i combustibili fossili
“pronti per l’uso nel luogo dell’impiego”, ci
si avvarrà dei seguenti costi carbonici
pregressi medi: 10% per il gas naturale,
12% per l’olio combustibile (già
considerato, come 0,86 x 1,12 = 0,96
kgC/kgOC, nei calcoli del capitoletto
precedente) e 14% per il carbone. Per la
ARGOMENTO P.SF P.0C Gas n. Olio c. Carbone
Potere calorifico kWh/kg 4,7 4,7 13,4 11,4 8,1
Contenuto di carobnio kgC/kg 0,46 0,46 0,75 0,86 0,91
Contenuto di carbonio kgC/kWh 0,098 0,098 0,056 0,075 0,112
Equivalenza energetica di 1 kgP kg/kg 1 1 0,351 0,412 0,58
Emissione di CO2 antica kgCO2a/kg 0,212 0,462 3,025 3,532 3,804
1 kg P.SF evita emissioni di CO2a kgCO2A/kg 0,25 2,813 3,32 3,592
Idem in percentuale % 54,1 93 94 94,4
1 kg P.OC evita emissione di CO2a kgCO2A/kg N.C. 2,563 3,07 3,342
Idem in percentuale % N.C. 84,7 86,2 87,9
Emissione di CO2 antica kgCO2a/kWh 0,045 0,098 0,226 0,31 0,47
1 kWh P.SF evita emiss. di CO2a kgCO2a/kWh 0,053 0,181 0,265 0,425
Idem in percentuale % 54,1 80,1 85,5 90,4
1 kWh P.OC evita emiss. di CO2a kgCO2a/kWh N.C. 0,128 0,212 0,372
Idem in percentuale % N.C. 56,6 68,4 79,1
NOTA per le sigle: P.SF = pellet fabbricato con energia da segatura fresca con us = 80%; P.OC pellet fabbricato con
energia da olio combustibile; CO2a = anidride carbonica antica. Costi carbonici della segatura fresca allocati in ragione
del peso. Nel 5° e 6° rigo per i combustibili fossili sono state considerate le seguenti emissioni pregresse: gas naturale
+ 10%, olio combustibile + 12% e antracite + 14%. Nella penultima e ultima riga lo N.C. significa “non calcolato”,
perché un combustibile più emittente di un altro tecnicamente non può evitare emissioni rispetto a quest’ultimo
Tabella 6. Valori di base, emissione di CO2 antica effettiva e evitata con l’impiego di pellet prodotto con i
due procedimenti abbozzati nel capitolo precedente (per l’allocazione in ragione del peso) e riassunti nella
tabella 5.
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 52 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
segatura fresca impiegata come fonte
energetica nel processo di fabbricazione
del pellet, nel caso specifico ipotizzato
nell’esempio del capitoletto precedente e
dell’allocazione del costo carbonico con
criterio ponderale, si è considerato un
costo energetico (di approvvigionamento e
produzione) pari a 0,017 kgC/kgSF,
mentre per il pellet consegnato al
consumatore si è ammesso un costo
carbonico pari a 0,126 kgC/kgP per il
procedimento OC ed a 0,058 kgC/kgP per
il procedimento SF78.
Riprendendo i valori della tabella 5
integrati da quelli appena evidenziati e
aggiungendovi il potere calorifico e il
contenuto di carbonio dei combustibili
considerati si è composta la tabella 6 dalla
quale emergono i valori del potere di
surrogazione energetica (=equivalenze
energetiche) nonché quelli assoluti e
percentuali dell’emissione di carbonio
antico che viene evitata quando il pellet
fabbricato secondo le due alternative
energetiche (OC e SF) viene bruciato, con
identico rendimento, in sostituzione dei tre
principali combustibili fossili.
Dalla tabella 6, nella quale le variabili
indipendenti sono la fonte energetica del
processo di produzione del pellet
78 Questi ultimi due valori sono stati calcolati a
partire da quelli della tabella 5 (procedimenti OC e
SF con allocazione in ragione del peso)
ammettendo per la commercializzazione
(soprattutto trasporti) un costo carbonico pari a
0,013 kgC/kgP.
(procedimento SF e procedimento OC) e i
parametri di riferimento delle emissioni di
CO2 antica (peso o contenuto energetico
del combustibile), e l’allocazione del costo
energetico è stata fatta in relazione al
peso, si può agevolmente rilevare che:
•le percentuali di evitata emissione di
CO2 antica riferite al contenuto
energetico (kgCO2a/kWh) sono
sempre inferiori a quelle riferite al peso
(kgCO2a/kg);
•nel riferimento al contenuto energetico,
nell’ambito del pellet, l’emissione di
CO2 antica cala del 54% nel passaggio
del procedimento OC al procedimento
SF;
•sempre con lo stesso riferiemento, per
i combustibili fossili, le diminuzioni
relative delle emissioni di CO2 antica
realizzata con l’impiego sostitutivo del
pellet sono:
o per il gas naturale: 56,6% con il P.OC
e 80,1% con il P.SF;
o per l’olio combustibile: 68,4% con il P:OC
e 85,5% con il P.SF;
o per il carbone: 79,1% con il P:OC e 90,4%
con il P.SF.
Se invece l’allocazione dei costi carbonici
fino al momento della “comparsa”
materiale della segatura viene fatta in
base al valore, i “rendimenti ecologici”
(= evitata emissioni di CO2 antica)
migliorano di molto, come si può
agevolmente vedere dai valori della tabella
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 53 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
6 bis costruita con i dati delle due righe in
corsivo della tabella 5 e la spesa
carbonica per la commercializzazione
uguale a 0,013 kgC/kgP (vedi nota 78).
Nella tabella 6 bis, costruita sulla base dei
costi carbonici della segatura fresca
allocati in ragione del valore,
•per tutti i valori non evidenziati in
grassetto valgono le osservazioni
dianzi fatte per la tabella 6;
•le quattro righe scritte in grassetto
evidenziano gli aumenti percentuali di
“efficacia evitante” derivati dal
cambiamento del criterio di allocazione
del costo carbonico della segatura
fresca.
Questi aumenti, comunque sempre
modesti, nel riferimento al contenuto
energetico (kgCO2a/kWh) spaziano tra il +
4,6% del pellet OC che sostituisce
carbone e il +13,3% del pellet OC che
sostituisce gas naturale. I valori
relativamente bassi di questi aumenti sono
dovuti al fatto che la riduzione del 90% del
costo carbonico della segatura viene
applicata solo per la “segatura virtuale”
(dell’albero in piedi fino alla sua
materializzazione nel momento della
segagione) e non anche al suo trasporto
dalla segheria al pellettificio, il quale – nel
riferimento al peso (vedi tabella 5 e nota
72) – si attribuisce un’aliquota di costo
carbonico che va dal 12,4% al
procedimento OC fino al 43,7% del
procedimento SF.
Infine, tornando nuovamente alla radice
del problema del costo carbonico della
segatura fresca si deve considerare che
essa, anche dove ha un valore monetario
ARGOMENTO P.SF P.0C Gas n. Olio c. Carbone
Emissione di CO2 antica kgCO2a/kg 0,111 0,38 3,025 3,532 3,804
1 kg P.SF evita emiss. di CO2a kgCO2a/kg 0,269 2,914 3,421 3,693
Idem in percentuale % 70,8 96,3 96,9 97,1
Aumento rispetto al valore di tabella 6* % 7,5 3,6 3 2,8
1 kg P.OC evita emiss. di CO2a kgCO2a/kg 2,645 3,152 3,424
Idem in percentuale % 87,4 89,2 90
Aumento rispetto al valore di tabella 6* % 3,2 2,7 2,5
Emissione di CO2 antica kgCO2a/kWh 0,23 0,081 0,226 0,31 0,47
1 kWh P.SF evita emiss. di CO2a kgCO2a/kWh 0,058 0,203 0,287 0,447
Idem in percentuale % 71,6 89,8 92,6 95,1
Aumento rispetto al valore di tabella 6* % 9,4 12,2 8,3 5,2
1 kWh P.OC evita emiss. di CO2a kgCO2a/kWh N.C. 0,145 0,229 0,389
Idem in percentuale % N.C. 71,4 79,7 87
Aumento rispetto al valore di tabella 6* % 13,3 8 4,6
* Riga aggiunta per evidenziare la percentuale dell’aumento percentuale dell’evitata emissione di CO2 antica.
Tabella 6 bis. Variazione delle ultime 6 righe della tabella 6 (in carattere normale) adottando per la
segatura fresca un costo carbonico pregresso allocato in relazione al valore.
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 54 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
per impieghi non energetici, è un
coprodotto forzoso, perché non si possono
produrre tavole, perline, travi lamellari,
casseri, ecc. senza subire l’onere
(economico e carbonico) del trasporto in
segheria del legno che diventa segatura
(fresca per giunta) solo al momento della
segagione. Seguendo questa linea di
pensiero si tornerebbe alla dianzi scartata
ipotesi contabile del costo carbonico nullo
della segatura.
Impostando i calcoli su questa ipotesi di
contabilizzazione e rifacendosi ai valori di
emissione delle ultime due righe di tabella
5, la questione delle emissioni di CO2
antica cambierebbe radicalmente e le
percentuali diverrebbero:
•per il processo OC, che risente meno
del cambiamento dell’impostazione del
calcolo, la quota di evitata emissione
risulterebbe: 88,2% per il gas naturale,
89,9% per l’olio combustibile e 90,6%
per il carbone;
•per il processo SF salirebbero a valori
veramente impressionanti e cioè:
97,2% per il gas naturale, 97,6% per
l’olio combustibile e 97,8% per il
carbonio;
•il pellet SF eviterebbe l’88,2% delle
emissioni di CO2 antica causate
dall’impiego di pellet OC.
A proposito di questa ipotesi di costo
carbonico nullo nell’impiego di un
sottoprodotto, o di uno scarto o residuo, si
deve ad ogni modo sottolineare che essa
può essere considerata esclusivamente se
l’impiego o la trasformazione avvengono
nel “luogo di nascita” e non altrove. Così,
nel caso della produzione di pellet
potrebbe essere considerato solo per
produzioni in filiera breve nell’ambito di
segherie, stabilimenti di produzione di travi
lamellari o tavolati per armature, fabbriche
di compensati o sfogliati, mobilifici o
falegnamerie, ecc. Non potrebbero invece
in nessun caso venire applicate all’impiego
di residui di lavorazione boschiva che,
materialmente separati dal prodotto
principale, richiedono energia fossile per
venire raccolti e trasportati fino al
pellettificio. Altrettanto vale per tutti i
cascami delle industrie o attività di prima e
seconda lavorazione del legno che
vengono pellettizzati extramoenia.
Uscendo dall’intrico della contabilità
carbonica nel quale spesso trovano
impiego anche convenzioni più o meno di
comodo, è opportuno evidenziare che
l’utilità carbonico -atmosferica della
produzione di pellet va sempre
considerata nell’ambito delle alternative
tecniche e/o economiche del materiale di
partenza. Così sarà oltremodo utile
pellettizzare segatura che altrimenti
finirebbe in discarica (dove a lungo andare
produrrebbe pure metano che potrebbe
anche non venire energeticamente
recuperato o almeno fiaccolato) o
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 55 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
verrebbe riversata in un fiume. Altrettanto
vale quando sussistono grandi distanze tra
il luogo della formazione della materia
prima e il luogo dell’impiego del pellet.
Energeticamente e carbonicamente dal
Canada conviene più portare in Europa
pellet che non cippato, mentre per la
centrale di teleriscaldamento di San
Pancrazio in Valle d’Ultimo sarebbe
sciocco o dannoso produrre pellet (dal
cippato che attualmente viene impiegato)
per poi bruciarlo in loco.
L’utilità non sussisterebbe invece se
l’alternativa per la segatura (e anche per
scarti più grossolani) fosse la produzione
di pannelli truciolari che a fine impiego
venissero indirizzati a produzione
energetica. Lo stesso vale se con uno
scarto legnoso pellettizzabile viene
fabbricato, con risparmio energetico, un
manufatto di legno che poi, a fine carriera,
viene utilmente bruciato.
LE EMISSIONI INQUINANTI NELLA
COMBUSTIONE DEL PELLET
Questo argomento, ampiamente parallelo
a quello riguardante la combustione del
legno, è di fondamentale importanza non
solo per la salute dell’uomo, delle acque e
dei suoli, ma anche per le prospettive di
sviluppo di gran parte del settore
dell’“energia da dendromassa”. Ciò in
quanto il legno, per poter mantenere e
aumentare il suo ruolo di rinnovabile di
massa 79, in diversi Paesi e ambienti, deve
ancora combattere contro la sua cattiva
immagine, che lo vuole vettore energetico
arcaico, povero e sporco, dovuta – non a
torto – agli ancora molto diffusi combustori
di vecchia data e tecnologia, soprattutto
caminetti, stufe e cucine economiche80.
Inoltre è da sfatare anche la fuorviante
leggenda che il legno per energia
provenga da criminosi “disboscamenti”81.
L’argomento, che non riguarda solo il
pellet ma anche gli altri combustibili
legnosi (soprattutto “legna da stufa” e
cippato) e le altre biomassa solide (piante
erbacee non food e sottoprodotti
dell’agricoltura e delle industrie
agroalimentari), è delicato e non ammette
facili e semplici generalizzazioni, in quanto
79 In proposito, rifacendosi a quanto riportato dal
Renouwable Energy Journal (2002), si può
osservare che nel 2000 nella Comunità Europea il
consumo di energia da biomassa (quasi 50 milioni
di tonnellate di equivalente di petrolio) è stato di
circa 22 volte superiore a quello dell’insieme di
eolico, solare termico e fotovoltaico. Per l’intero
pianeta, invece, Hall e Scrase (1998) hanno
calcolato che il 12-13% dell’energia consumata è di
origine biomassale, mentre – sempre tra le
rinnovabili di massa – l’idroelettrico ne produce
solo circa la metà.
80 In proposito Castellati et al. (2002°) scrivono:
“E’ convinzione comune che la combustione della
legna sia molto inquinante; questo è vero solo per le
vecchie caldaie tradizionali, dove la combustione
non è ottimizzata ..... Questo non vale per le
moderne caldaie ad alta tecnologia, progettate per
ottenere una combustine quasi perfetta della legna e
con emissioni comparabili a quella delle caldaie a
combustibile convenzionale (gasolio e gas naturale
n.d.r.)”.
81 In proposito si può anzi segnalare che in
occasione dei numerosi incendi boschivi di questa
estate, quale misura preventiva è stata indicata una
“maggiore cura dei boschi” che avrebbe come
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 56 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
le emissioni inquinanti dipendono, nei
singoli casi concreti, dall’effetto congiunto
della composizione del combustibile, delle
tecnologie di combustione impiegate ai
diversi livelli di potenza e dalla
manutenzione e gestione degli apparati e
impianti.
Passando da queste osservazioni generali
allo specifico della combustione del pellet
e iniziando dalle caratteristiche del
materiale di partenza, conviene anzitutto
osservare che:
•il pellet di legno, normative ed
eventuali divieti a parte, può venire
fabbricato con “materie prime” molto
diverse che vanno dal legno vergine
(di bosco, di campagna o di industria)
e dai “residui di legno chimicamente
trattato” (che comprendono anche gli
sfridi di vari tipi di pannelli) fino al
“legno usato” che può essere
abbastanza “innocente” (come nel
caso dei pallet usa e getta) o molto
inquinato (ad esempio dal recupero di
legno da impiego all’aperto trattato con
preservanti clorurati, oppure dalla
cippatura di legno di demolizione82);
•il “legno vergine” delle diverse specie
legnose, oltre alle componenti di
logico corollario una maggiore disponibilità,
nell’extrabosco, di legno da industria e da energia.
82 Come vere e proprie bombe ecologiche a
orologeria si configurano poi – almeno per quanto
riguarda un impiego combustibile non idoneamente
predisposto – diversi tipi di pannelli truciolari
massa (cellulosa, emicellulosa e
lignina), contiene (o può contenere)
componenti minori (resine, cere,
sostanze oleose, tanniche o
zuccherine, latici, gomme ecc.) che
variano moltissimo, in quantità e
qualità, tra le diverse specie e anche, a
seconda delle condizioni di crescita,
nell’ambito della stessa specie83;
•altrettanto vale, mutatis mutandis, per
le cortecce che, rispetto al legno, sono
molto più ricche di ceneri.
Inoltre bisogna tenere presente che la
composizione del pellet non è identica a
quella della dendromassa di partenza,
perché alle elevate temperature e
pressioni del processi di produzione
avvengono diverse reazioni che
modificano diversi assetti molecolari del
materiale processato. Perciò in futuri studi
sulla combustione sarà sempre opportuno
partire dall’analisi del pellet anziché da
quello della dendromassa e degli eventuali
fabbricati con legno da demolizione non
accuratamente selezionato.
83In proposito, in relazione a certi inquinanti molto
pericolosi, accurate indagini dell’EMPA – che si
consiglia di leggere nell’originale al sito internet
(http://www.empa.ch/plugin/template/*/5632) –
hanno posto in evidenza che mentre nel cippato di
bosco vengono trovate solo tracce di
pentaclorofenolo, diverse altre categorie di
materiale legnoso esaminate (specialmente scarti di
falegnameria con elevata quantità di sfridi di
pannelli truciolari, legno usato assortito e legno di
demolizione) spesso contengono (o possono dare
luogo a produzione di) significative quantità di PCF
e alti livelli di I-TEQ (tossicoequivalente di
diossina 2, 3, 7, 8, ).
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 57 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
additivi84
Passando all’impiego del pellet non
sembra necessario ricordare che la
combustione di combustibili compositi
(non solo legno, ma anche torba, lignite,
carbone, derivati commerciali del petrolio,
gas naturale, ecc.) è un fenomeno molto
complesso che risente moltissimo delle
condizioni nelle quali si svolge. In questo
senso per il pellet si può ricordare che:
•il contenuto idrico del combustibile,
che influisce sulle emissioni di CO e di
molte sostanze organiche, varia solo di
pochi punti percentuali;
•le tecnologie della combustione sono
sempre “moderne” (e in continuo
perfezionamento) e gli apparati o
impianti debbono essere certificati e/o
ispezionati a norma di legge85.
Tuttavia, in relazione alla quantità e alla
qualità degli inquinanti effettivamente
emessi, bisogna rammentare che esse
dipendono principalmente:
84Da un eccelente studio dell’ENET
(http://www.energieforschung.ch) si può inverce rilevare
che in un esame di 4 campioni di pellet svizzeri e
austriaci il contenuto di zolfo, azoto, cloro, arsenico
e 8 rilevanti metalli pesanti ha evidenziato
oscillazionio spesso comprese tra il 40 e l’80% dei
rispettivi valori medi e che questi ultimi (come pure
tutti i valori singolari) rimangono al di sotto delle
soglie di tolleranza della normativa tedesca DIN
51731 di percentuali comprese tra il – 50% per
l’azoto e il – 95% per lo zolfo. Sotto alla soglia, per
più del – 67%, sta anche il contenuto di EOX
(alogeni organici estraibili).
85 Interessanti dati sui progressi della tecnologia di
combustione nella riduzione degli inquinanti
verranno riportati più avanti, subito dopo la tabella
7.
•dalla dimensione degli impianti, in
quanto è ovvio che una stufetta a
pellet da 1.500 €uro sarà, per caloria
utile erogata, più inquinante di un
impianto di riscaldamento centrale
dell’ultima generazione provvisto di
sonda lambda o di CO-sensore, il
quale a sua volta verrà surclassato dai
grandi impianti di teleriscaldamento a
pellet dotati di sofisticate depurazioni
dei fumi (che eliminano anche
tantissima parte del pericoloso
particolato) realizzati soprattutto in
Svezia;
•dalla specifica tecnologia della
combustione al cui continuo
perfezionamento lavorano – secondo
numerose varianti di processo e con
spesso ottimi risultati – molti istituti di
ricerca e numerose industrie;
•dalla gestione degli impianti, a
proposito della quale Jungmeier, Golja
e Spitzer (1999) hanno documentato
che essa, in genere e per tutti i
combustibili legnosi, tenendo conto di
tutti i possibili fattori, influisce – in
media – su più di metà del valore dei
coefficienti di emissione. Per il pellet, a
causa delle sue caratteristiche
standardizzate, l’influenza dei fattori
gestionali sarà sicuramente minore m a
certamente non trascurabile,
specialmente per alcuni inquinanti
organici.
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 58 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
Fatte queste premesse si può passare alle
emissioni inquinanti che avvengono nella
combustione di pellet di legno vergine
inteso ai sensi della normativa austriaca e
segnalare anzitutto che le sostanze e i
composti da tenere d’occhio sono molto
numerosi come dimostrano accurati studi
del Ministero bavarese per il paesaggio e
l’ambiente (http://www.tec.agrar.tu-muenchen.de)
e dell’EMPA. Per la tutela della salute
umana infatti non sono importanti solo i
composti dello zolfo e dell’azoto (che
danno luogo agli spesso segnalati SO2 e
NOx o ai loro equivalenti) e il sempre
presente monossido di carbonio, ma
anche e piuttosto elementi contenuti (nel
legno vergine) solo in tracce (come metalli
pesanti, alogeni e arsenico), nonché
anche tanti composti organici delle diverse
categorie86.
Purtroppo in letteratura le notizie
specifiche sugli inquinanti emessi da
86 Non si può qui entrare nel complesso mondo
degli HxCy, NMVOC, EOX, PCDD/F, PAC, PBC,
DDT, HBC, PCP, ecc. che richiede un approccio
diverso e molto più complesso di quello seguito in
questo articolo. In proposito, solo per fare un
esempio, si può segnalare che per i soli particolari
problemi “Combustibili biogeni solidi – proprietà di
rilevanza ambientale e possibilità di
influenzamento”, “Prove di combustione con
combustibili biogeni “al naturale” in un piccolo
impianto” e “Concentrazione di diossine e PAC nei
fumi e nelle ceneri di impianti a legna”, il solo
sopracitato Ministero, per tramite dell’ Istituto
bavarese per lo Sviluppo del Territorio e i problemi
ambientali ha prodotto, tra l’altro, tre volumi (nr.
154, 156 e 142 della serie “Ambiente e Sviluppo”
con complessivamente 450 pagine redatte da
specialisti come T. Böhm, T. Launhardt, H.
Hartmann, R. Hurm, H. Link, V. Schmid e A. Strehler.
impianti alimentati a pellet sono ancora
piuttosto scarse e quasi sempre riferite a
categorie di composti (vedi nota 86)
invece che a singole sostanze. Perciò a
tali notizie si faranno precedere altre che
sono riferite a inquinanti prodotti da
impianti alimentati con legno. In questo
sensi si possono ricordare:
•ancora una volta il citato studio
dell’EMPA dal quale, tra molti
interessantissimi riscontri, emerge:
o che le emissioni di metalli pesanti e
diossine della combustione di
legno vergine stanno sotto i limiti di
legge previsti per gli inceneritori di
RSU, mentre per legni contaminati
tali limiti possono venire superati
anche di oltre 50 volte (come si è
verificato in un caso di scarti di
falegnameria con elevato
contenuto di sfridi e polveri da
pannelli truciolari)87;
o che i metalli pesanti presenti nel
combustibile (soprattutto nella
corteccia, che nel pellet a norma
però non è contenuta) si riversano
in misura molto diversa nelle ceneri
(da 9 a 82%), nelle incrostazioni
(da 2 a 11%) e nei fumi (dal 14 al
90%);
87 Questi pochi dati estremi qui riportati fanno
comprendere perché le normative sul pellet di molti
Paesi, Austria in testa, insistono tanto sull’impiego di
legno vergine.
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 59 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
•lo studio condotto da Thanner e Moche
per conto del Ministero austriaco per
l’Ambiente del quale risulta che:
o in Austria circa un terzo delle
diossine o dei furani emessi
proviene dal riscaldamento
domestico;
o queste emissioni, come pure quelle
di bifenili clorurati e di aromatici
policiclici, provengono
principalmente dalla combustione
di carbone e coke nelle stufe e nei
piccoli impianti;
o rispetto a questi due combustibili il
legno è un emettitore molto
piccolo88.
Tornando dal particolare al generale e per
porre il problema nella sua giusta cornice
di tecnica e politica ambientale, si ritiene
opportuno aggiungere un brano conclusivo
del volume “Energia per riscaldamento da
olio combustibile, gas naturale o legno?”
edito dall’Ente Federale svizzero per
l’Ambiente, il bosco e il paesaggio nella
cui sintesi (pagina 127) si legge:
“Al quesito circa il sistema di
riscaldamento di minore impatto
ambientale non può venire data risposta,
senza rispondere alle domande:
•se e come sono da scontare danni
che si verificheranno nel futuro, e
88 Di questi due importanti studi si dirà meglio alla fine di
questo capitoletto.
•se e come sono da considerare
danni che si manifestano in altri
Cantoni, in altri Paesi europei e in
altri continenti.
La domanda, quale vettore energetico è di
minore impatto ambientale non può
trovare risposta sulla base di sole
informazioni ricavate dalle scienze
naturali. Risposta ai quesiti sopra formulati
richiedono giudizi di merito (Werturteile)
che non possono e non debbono venire
decise dallo studioso di scienze naturali.
Qui i giudizi di merito sono da un lato
richiesti a coloro che rilasciano le leggi
sull’ambiente e le relative direttive
esecutive. Dall’altra parte giudizi di merito
sono anche richiesti dai decisori che
debbono decidere per un dato sistema di
riscaldamento nel contesto pianificatorio.”
Passando allo specifico delle emissioni da
pellet, anche in confronto con quelle di altri
combustibili, si può iniziare con
un’interessante studio di Padinger e
Spitzer (2001), che ha preso in esame una
selezione di 15 “rapporti di prova”
(Prüfbericht) di impianti ad alimentazione
automatica con pellet con potenza
nominale fino a 50 kW, (tutti di
fabbricazione austriaca), eseguiti
dall’Istituto Federale di Wieselburg in
Austria. Dall’analisi di questi rapporti sono
risultati i seguenti valori estremi e medi di
emissioni nocive:
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 60 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
•per l’esercizio a massima potenza
(nominale): particolato (Staub) 5-22
mg/MJ (60)89, CO 9-218 mg/MJ (500),
Cx Hy 1-3 mg/MJ (40) e NOx 52-101
mg/MJ (150); i valori medi sono invece
risultati, rispettivamente e nell’ordine,
pari a 10,5, 72, 1,5 e 76 mg/MJ;
•per l’esercizio ridotto al 30% della
potenza nominale: CO 65-557
mg/MJ (750) e CxHy 1-11 mg/MJ (40); i
valori medi sono risultati invece uguali
a 204 e 3,8.
Facendo invece riferimento al contenuto di
inquinanti di un metro cubo (normale, con
13% O2) di “fumo”, i due studiosi austriaci,
nelle medesime 15 prove, hanno invece
riscontrato:
•per l’esercizio al livello di massima
potenza (nominale): particolato 8-34
mg/Nm3; CO 14-334 mg/Nm3; Cx Hy 1-
4 mg/Nm3 e NOx 76-137 mg/Nm3; con
valori medi, rispettivamente, di 16,3,
110, 2,1 e 105 mg/Nm3;
•per l’esercizio al 30% della potenza
nominale: CO 99-857 mg/Nm3 e CxHy
1-17 mg/Nm3, con valori medi di 312 e
5,2 mg/Nm3 (90).
89 I numeri fra parentesi indicano i limiti stabiliti dal
Governo Regionale della Stiria per impianti a biomassa
con alimentazione automatica di potenza compresa tra 4
e 400 kW. In Italia, in base al DPCM 8 marzo 2002, per
potenze comprese tra 15 e 150 kWh, è previsto solo un
limite il particolato [polveri totali <200mg/n m3
(O
11%)]. Per potenze comprese tra 150 kW e 3 MW sono
stabiliti i seguenti limiti: polveri totali 100 mg/n m3 , CO
350 mg/n m3, NOx 500 mg/n m3 e S0x 200 ng/n m3.
90 Nei riguardi delle unità di misura si deve osservare che
i valori riportati dai diversi Autori non sono facilmente
confrontabili per i non addetti ai lavori, in quanto spesso
A conclusione del loro commento positivo
di questi valori, gli Autori aggiungono che
“I migliori fra i valori delle analisi indicano
esemplarmente il possibile potenziale di
sviluppo”91.
Se si confrontano le distribuzioni dei valori
di emissioni segnalati da Padinger e
Spitzer con quelle relative alla
composizione dal pellet riportate
dall’ENET, si può notare che:
•la dispersione dei primi è maggiore,
verosimilmente a causa delle
specifiche condizioni di combustione
nei singoli apparati;
•i valori sono sempre notevolmente
inferiori ai limiti di legge anche per i
risultati peggiori;
•il gruppo di inquinanti meno discosto
dal limite di norma è quello degli NOx
che sono sempre un po’ l’handicap dei
combustibili biogeni rispetto a quelli
fossili, esclusa la lignite.
sono espressi in vario modo come, ad esempio: ppm nel
fumo umido o anidro, mg per m3
normalizzato con
variabile riferimento di ossigeno (per il CTI: mg/Nm3,
fumo anidro, O2 @ 10%), mg/MJ, ecc. Una lodevole
eccezione in merito è stata riscontrata in un rapporto di
prova del TÜV di Monaco che, tra moltissimi altri dati,
riporta, per i fumi, la percentuale di CO2 , le ppm, il
contenuto di CO, NOx, CxHy (nel fumo anidro e umido),
nonché i valori riferiti al Nm3O2 @13%, Nm3O2 @ 10%
ed a MJ.
91 Per quanto riguarda le grandi differenze fra i valori
estremi rilevati, dall’analisi di alcuni certificati di prova
originali che sono stati potuti visionare per gentile
concessione dell’Istituto di Wieselburg pare che queste
differenze siano massime per il CO (che dipende molto
dalla quantità di aria immessa) e minore per lo SO2 e lo
NOx (che dipendono più fortemente dal contenuto di
zolfo e di azoto del pellet).
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 61 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
Una simile, più limitata indagine è stata
eseguita per 5 impianti di
riscaldamento centrale a pellet di
case singole o a schiera (potenze da
15 a 55 kW) in Svizzera. Di questa
ricerca Gmür (2000) riporta i seguenti
valori: temperatura nei fumi (Abgas) da
84 a 212 °C, ossidi di azoto (come
NO2N) da 104 a 315 mg/m3, monossido
di carbonio (come CON) da 71 a 1115
mg/m3 (media 414) e ossigeno nei fumi
(come O2) da 7,3 a 16%92. Più ampia
è invece la gamma dei valori riportati in
un interessante poster, senza data,
della Regionalenergie Steiermark e
dell’Associazione Boschiva della Stiria
composto in base a numerose prove di
certificazione di Istituti austriaci e
92 Nel suo breve articolo l’Autore ricorda che in Svizzera
vengono attualmente prodotti circa 275.000 m3 di “legno
in segatura” che basterebbero per produrre il pellet (circa
180.000 tonnellate) sufficiente per scaldare più di 50.000
case unifamiliari, e mette in evidenza che le caldaie a
pellet non sono delle Dreckschleudern (tipica
espressione tedesca, letteralmente “fionde di sporcizia”,
spesso impiegata in relazione a tradizionali impianti e
legna). A ciò aggiunge anche che “in quartieri di villette, i
riscaldamenti a pellet sono spesso – nel contesto
dell’impiego di energia autoctona da legno nazionale e
germanici, nel quale – sempre per
riscaldamenti centrali – vengono
evidenziate anche le emissioni di
impianti alimentati con altri
combustibili. Raccolte nella tabella 7,
queste emissioni offrono un buon
quadro comparativo nel quale
meravigliano un po’ i bassi valori
riportati per il monossido di carbonio93.
Nel vedere le sopra riportate differenze,
per la legna da ardere, tra gli impianti di
nuova tecnologia e del Durchbrandkessel
di quella vecchia, torna alla mente
un’indagine del 1999 di Jungmeier, Golja,
e Spitzer dedicata ai progressi dei
combustori a legno e derivati. Da questo
ampio studio, basato sull’esame di 180
impianti, si possono sinteticamente
estrarre i seguenti dati più significativi:
•dal periodo 1980/88 al periodo
1996/98:
CO2 neutrale – una soluzione migliore di un
teleriscaldamento con cippato”.
93 Lo zero assoluto di emissioni di CO2 antica
riportato per tutti i dendrocombustibili
verosimilmente non considera il costo carbonico del
loro approntamento.
SO2 NO HxCy CO Partic. CO2a
Pellet 10 55 1 9 6 0
Cippato 10 92 2 17 9 0
Legna nuova tecnol. 10 74 8 158 18 0
Legna vecchia tecnol. 10 50 1.000 6.000 70 0
Coke 340 70 10 4.500 80 104.000
Gas naturale 0 3 0 5 0 52.000
Olio combustibile 47 25 1 5 1 78.000
Tabella 7. Emissioni inquinanti di riscaldamenti centrali alimentati da combustibili diversi.
Valori in mg/MJ.
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 62 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
o per il valore mediano94 delle
emissioni di CO di impianti a legna
o cippato per vari livelli di esercizio
sono state riscontrate diminuzioni
che vanno dal 90 fino al 97%;
o diminuzioni quasi identiche (dall’89
al 99%), ma più incerte a causa
dell’esiguo numero di osservazioni
nel biennio 1980/88, sono state
osservate per le emissioni di
carbonio organico, sempre ancora
per legna e cippato;
o praticamente immutato (a un livello
medio di 88-89 mg/MJ) sono
rimaste le immissioni di NOx,
almeno nell’esercizio a livello di
potenza nominale;
o altrettanto vale, al livello medio di
20 mg/MJ, per il particolato;
•per il più breve periodo dal 1993/95 al
1996/98, cioè nell’arco di tempo medio
di soli 3 anni,
o i valori della mediana delle
emissioni da apparecchiature a
pellet (spesso di potenza inferiore
o uguale a 15 kW) sono scesi dell’
81% per il CO e del 98% per i
composti organici, mentre le
emissioni di NOx (dipendenti
soprattutto dal contenuto di azoto
94 In proposito si annota che, data la generalmente
molto notevole assimetria delle distribuzioni dei
dati rilevati, il valore della mediana può spesso
discostarsi molto da quello della media.
del combustibile95) sono rimaste
ferme attorno a 87 mg/MJ;
o la mediana delle emissioni di
particolato, uguale a 16 mg/MJ, è
risultata solo di poco inferiore a
quella della legna (18 mg/MJ) e del
cippato (22 mg/MJ), mantenendosi
però a livello del 25-30%
dell’emissione massima ammessa
dalla legge regionale;
•per gli impianti a pellet il rendimento
termotecnico (Wirkungsgrad) alla
certificazione è, in media (87%),
uguale tanto per l’esercizio a massima
che a media potenza96. Valori e
comportamenti molto simili sono stati
riscontrati anche per i riscaldamenti a
legna e cippato.
Anche nel Rapporto UMBERA si legge
che stufe a pellet (chimney stove) con
alimentazione automatica producono, fra
tutti i sistemi testati97, emissioni meno
inquinanti di quelle delle stufe tradizionali.
Viene poi anche aggiunto, più in generale,
che fra i combustibili legnosi il pellet ha
95 In proposito si annota che tra le varie biomasse il
legno è quella a minore contenuto di azoto e che
con le tecniche della Low-NOx combustion (nelle
quali gioca un importante ruolo la diminuzione del
flusso di aria primaria), i sopra riportati valori
potranno essere notevolmente ridotti, abbassando
così anche le emissioni di NOx sotto alla metà del
livello massimo consentito.
96 All’attualità i rendimenti di molti impianti e stufe
hanno superato il fatidico muro del 90%.
97 Non è però specificato se i “sistemi testati” sono
veramente tutti (cioè anche comprensivi, per
esempio, di quelli a GPL) oppure solo quelli a legna
o cippato.
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 63 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
dato sempre i migliori risultati nelle prove
di combustione, e che in genere le
emissioni di particolato (dust) e di ossido
di carbonio si mantengono attorno al 10-
25% di quelle ammesse dalla legge.
Da studi di Hartmann, Launhard e Schmid
(1998), sommariamente citati nel
medesimo Rapporto, in un confronto tra
impianti a pellet a caricamento automatico
della potenza di 15 kW e impianti a
cippato (anch’essi a caricamento
automatico) delle classi di potenza di 40-
70 e 70-100 KW, emerge che:
•le emissioni di particolato sono
mediamente risultate, nell’ordine di
confronto sopra riportato, pari a 16, 49
e 57 mg/Nm3, con evidentissimo
vantaggio per il pellet;
•le emissioni di NOx, sempre nello
stesso ordine, sono risultate in media
uguali a 114, 131 e 145 mg/Nm3, con
vantaggio molto meno marcato per il
pellet
•le emissioni di CO, con 97 mg/Nm3 per
il pellet, sono risultate minori di quelle
relative al cippato in impianti della
classe 40-70 kW (154 mg/Nm3), ma un
po’ maggiori di quelle riscontrate negli
impianti a cippato della classe 70-100
kW (84 mg/Nm3).
Sempre secondo lo stesso studio, in un
confronto fra i medesimi piccoli impianti a
pellet a caricamento automatico della
potenza di 15 kW e due tipi di
apparecchiature a legna (log wood) a
caricamento manuale della classe di
potenza 20-50 kW – funzionanti
rispettivamente con boiler temperature
control e sonda lambda – è risultano che:
•per le emissioni di particolato gli
impianti a pellet (con 16 mg/Nm3) sono
stati meno inquinanti di quelle degli
altri due tipi che hanno emesso,
rispettivamente e nell’ordine, 26 e 35
mg/Nm3;
•per le emissioni di NOx il vantaggio dei
bruciatori a pellet (con 114 mg/Nm3) è
risultato meno pronunciato rispetto agli
altri due, che hanno emesso 161 e 150
mg/Nm3;
•per le emissioni di CO invece il
vantaggio del pellet (con 97 mg/Nm3) è
particolarmente elevato nei riguardi
della legna bruciata con boiler
temperature control (359 mg/Nm3 in
media, con una punta eccezionale di
oltre 650), e notevole rispetto agli
impianti con afflussi di aria regolati con
sonda lambda (media di 240 mg/Nm3,
con una punta massima di oltre 500).
Nell’analisi dei dati riportati da Hartmann,
Launhardt e Schmid pare confermata la
circostanza più volte accennata che le
emissioni di NOx risultano poco diverse
per i vari sistemi bruciatore-combustibile e
perciò, nel loro ammontare generale
medio, paiono condizionati principalmente
dal contenuto di azoto del legno (nel caso
del pellet) e del combustibile negli altri
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 64 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
casi98. Altrettanto dovrebbe valere per lo
SO2. Contrariamente a ciò le molto più
diverse emissioni di CO risultano
palesemente riconducibili alle tecnologie di
combustione e alla conduzione degli
impianti.
Rakos (2002), invece, riferisce di uno
studio comparato di LCA per il
riscaldamento di un edificio pubblico di
Vienna (con carico calorico di 400 kW) da
effettuare, rispettivamente, con olio
combustibile, gas naturale e pellet. Da
questa accurata analisi eseguita
dall’Agenzia austriaca per l’utilizzazione
dell’energia (E.V.A.) con l’ausilio della
variante “Austria 4.01” della notissima
banca dati del germanico GEMIS,
nonostante che per il pellet sia previsto un
trasporto per 300 km con autotreno,
emerge che le emissioni – purtroppo,
riportate nell’esposizione sintetizzata, solo
per CO, SO2 e particolato – risultano
decrescenti:
•per il monossido di carbonio: dal gas
all’olio combustibile e al pellet;
•per l’anidride solforosa: dall’olio
combustibile al pellet e al gas;
98 Nel loro studio sugli impianti moderni di
combustione, Schneider et al. (2001) illustrano che
la concentrazione degli NOx derivati dall’azoto
contenuto nel legno aumentano con la temperatura
del forno e che, a partire da circa 1.500 °C, una
certa (crescente) quantità di NOx si forma anche
dall’azoto dell’aria, dando luogo al cosiddetto “NOx
termico”.
•per il particolato: dal pellet all’olio
combustibile e al gas99.
Un argomento importante, generalmente
trattato a parte, è quello relativo ad alcuni
inquinanti minori molto pericolosi per
l’uomo come le emissioni e deposizioni di
idrocarburi aromatici policiclici (PAK),
biofenili policlorurati (PCB) nonché delle
forme policlorate delle dibenzo-p-diossine
e dei dibenzofurani (PCDD/F) che, come
per tutti i combustibili organici, avvengono
anche nella combustione del pellet.
Si tratta di questioni molto complesse,
come dimostrano gli accurati studi
bavaresi di Launhand et al (1998),
Hartmann et al (2000), Launhard et al
(2000) e della svizzera EMPA, dai quali si
può rilevare, che i singoli composti dei tre
gruppi hanno tossicità molto diverse e
chimismi molto differenti che vanno dalla
conservazione del composto presente nel
legno, alla formazione da precursori e alle
sintesi ex novo, specie per i PCDD/F.
Inoltre possono essere contenuti sia nel
particolato dei fumi quanto nella fuliggine
dei camini e nelle ceneri del forno, in
concentrazioni estremamente variabili.
Trattandosi di studi molto specialistici
spesso difficili da comparare a causa
dell’impiego di unità di misura differenti,
qui verranno riportati solo alcuni estratti di
tre di essi.
99 Informazioni più dettagliate su questo studio si
possono trovare in lingua italiana in Castellazzi et
al. 2002a e 2002b oppure sul sito http://www.bioheat.info
.
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 65 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
Così dal riassunto (pag. 120) dall’ampio e
molto documentato studio di Launhardt et
al. (1998) si riprendono testualmente le
seguenti parti.
“I risultati delle prove di combustione di
legno vergine mostrano che l’ammontare
delle emissioni di PAK – come prodotto di
una combustione incompleta – sono
fortemente influenzati dalla tecnologia
(Verbrennungsqualität) degli impianti. La
larga gamma delle varianti sperimentali
eseguite diede perciò luogo ad un’elevata
variabilità delle emissioni di PAK in un
campo compreso tra 70 e 8.500 g/Nm3,
riferito a 13 vol.% O2 (valori di somma
secondo la metodologia dell’EPA).
Un’emissione ancora più elevata di PAK
venne determinata nella combustione di
legno umido (uu > 25%).”
“Contrariamente a quanto visto per i PAK,
le emissioni si PCDD/F risultarono in un
campo più ristretto e a un livello molto
basso (auf sehr niedrigem Niveau), con
valori compresi tra 2 e 26 pg TE/Nm3. La
limitazione di 80 pg TE/Nm3 con 13
vol.%O2 della disposizione federale per la
protezione degli inquinamenti (17.
BImSchV), che (però, n.d.t.) non ha
validità per la combustione di materiali
legnosi lasciati al naturale, e perciò può
venire vista solo come valore di
orientamento, viene con ciò nettamente
(deutlich) sottopassata in tutti i casi.”.
“Il carico di PCDD/F dei residui della
combustione, specialmente delle ceneri
nella camera di combustione (Feuerraum)
dimostrò una forte dipendenza dal tipo di
combustione. Mentre la concentrazione di
PCDD/F nella frazione fine delle ceneri
della camera di combustione rimaneva
inferiore a 20 ngTE/kg per la legna
(stagionata, n.d.t.) di faggio, per quella di
conifera risultò 18 volte più elevata. In
base al decorso delle temperature
misurate nell’area (Bereich) del forno di
combustione poté venire evidenziato che
questi PCDD/F vengono formati nel
contenuto di una de novo sintesi. Questa
neoformazione avviene principalmente
nella definitiva fase di raffreddamento
(Auskühlungsphase) che di regola si
verifica solo dopo più periodi di
combustione (Abbrandperioden).”
“Una elaborazione quantitativa dei
contenuti di PAK e PCDD/F rese possibile
un’analisi input/output delle quantità di
PAK e PCDD/F introdotte con il
combustibile e contenute nell’output
complessivo (gas e ceneri).
Per i PAK l’output complessivo è in linea di
COMBUSTIBILE
cenere fumo totale cenere fumo totale
Brichette A 840 570 1410 35 820 855
Brichette B 190 570 760 180 1200 1380
Legna paragonabile 170 1400 1570 1400 530 1930
Nota: Cenere = frazione fine della cenere del forno di combustione (Feuerraumasche, Feinfraktion). Fumo (Abgas)
comprensivo della porzione volatile e di quella legata al particolato.
Tabella 8 - Quantità di PAK e PCDD/F misurati nella cenere del forno di combustione e nei
fumi interni ed esterni. Valori di Launhardt (1998), tab. 42 e 43.
PAC (ì g/kg s.s.) PCDD/F (ng/kg s.s.)
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 66 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
principio più caricato che non il
combustibile; i combustori
(Feuerungsanlagen) esaminati
costituiscono perciò un source di PAK.
La largamente maggiore quota dell’autput
complessivo era allocata nei fumi (Abgas)
più in forma gassosa che non legata al
particolato.”
“Per i flussi di massa dei PCDD/F l’analisi
input/output evidenziò una riduzione della
quantità dei PCDD/F nel corso della
combustione della legna di faggio.
Contrariamente a quanto avviene per i
PAK, la combustione (nel caso della legna
di faggio, n.d.t.) si configura come sink di
PCDD/F100. Inoltre il valore relativo del
contenuto di PCDD/F dei fumi, rispetto al
residuo totale, era nettamente minore”.
Passando ai granulati (vennero anche
impiegati due fabbricati di brichette bruciati
in stufe di maiolica ottimizzate), si possono
riportare i valori riuniti nella tabella 8,
avvertendo che essi non sono estensibili
100 Questa caratteristica vale però solo per la legna di
faggio (input/output = 0,67), mentre, come dimostra la
figura 50 non vale per la legna di conifere (input/output) =
6,75) per la quale il 90% dei PCCD/F si ritrovano nella
cenere del forno di combustione. Per la legna di faggio,
invece, vi trova allocazione solo circa il 25%.
sic et sempliciter al pellet. Una
sperimentazione condotta da Thanner e
Moche (2001) per il Ministero austriaco
per l’ambiente, eseguita con un numero di
prove variabile da 2 a 8 in 3 stufe (vecchio
tipo di ghisa per coke, vecchio
termocamino di ghisa a portoncino
trasparente e moderno multicombustore)
alimentate con legno, carbone e coke, ha
portato ai risultati sinteticamente riassunti
nella tabella 9.
Nel riassunto delle monografie pubblicate
dal Ministero i passi più salienti, oltre ai tre
già riportati all’inizio del capitolo, sono i
seguenti:
•ogni singola prova comprendeva un
ciclo di combustione completo
dall’accensione fino al termine della
combustione (Ausklingen der
Verbrennung);
•dei PCDD/F e PCB risultanti dalla
combustione, più del 9% si trova nelle
emissioni; il resto permane
prevalentemente nella fuliggine del
camino e in una piccolissima parte
nella cenere della camera di
combustione;
PAH PCB PCDD/F
Ó EPA PAK4 UN-ECWEHO-TEQ Ó Ball I-TEQ
mg/GJ mg/GJ ng/MJ ng/MJ ng/MJ
Legno 917,5 29 0,01 65,2 0,27
Carbone 1188,6 67,1 0,51 64 8,8
Coke 350 13,4 0,06 81,1 1,53
Note. Il PAH inglese è il PAK tedesco. Ó Ball. sta per Ó Ballschmiter.
COMBUSTIBILE
Tabella 9. Fattori specifici di emissione per PAH, PCB e PCCD/F in stufe
alimentate con legno, carbone e coke. Valori delle mediane calcolate da
Thanner e Moche (2001), tab. 2.
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 67 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
•le emissioni medie di PCDD/F per il
carbone e il coke (7,74 e 1,47 ng ITEQ/
MJ) stanno ad un livello 10
volte superiore a quello conosciuto
dalla letteratura; quelli per il legno
(0,32 ng I-TEQ/MJ) invece
corrispondono;
•le emissioni medie di PAH dalla
combustione di legno sono risultate
chiaramente inferiori a quelle attendibili
dai valori riportati in letteratura;
•la variabilità delle emissioni da prova a
prova è elevatissima101;
•già uno studio precedente dello stesso
Ministero aveva evidenziato che le
emissioni di un bruciatore a legna si
mantenevano chiaramente sotto al
limite dei 0,1 ng TEQ/Nm3.
Molto importante e interessante in
proposito è pure il rigoroso studio
dell’EMPA con i cui risultati sono state
composte le tabelle 10 e 11. Scopo della
101 Viene citato anche un altro studio su stufe
alimentate con legno nel quale vennero trovate
ricerca era studiare come i carichi
inquinanti dei combustibili si
ripercuotevano sulle ceneri e i fumi. Per
quanto riguarda invece il combustibile
vennero prese in esame il legno vergine
(nella fattispecie di cippato di bosco) 3
assortimenti “tipici” di Restholz) (residui
legnosi delle industrie e dei cantieri) e 5
assortimenti di Altholz (legno usato),
categorie distinte nella normativa svizzera
per la purezza dell’aria.
Nella tabella 10 non meraviglia che le
emissioni di diossina del cippato di bosco
si mantenessero sotto al limite dei 0,1 ng
I-TEQ/m3 (11 vol.%O2) adottato da diversi
Paesi europei per gli inceneritori di RSU.
Meravigliano invece, dando un segnale
importante anche in relazione ai materiali
concentrazioni di emissioni variabili da 0,09 a 9,0
ng I-TEQ/Nm3.
COMBUSTIBILE Diossina m. pesanti PB + Zn
Cippato di bosco S S S
RL dell’edilizia (assortiti in caniere) x15 S x4
RL di falegname (pochi pann. truciolari) x9 S S
RL di falegname (molti pann. truciolari) x64 S S
LU (imballaggi a RL dell’edilizia) (1) x1 S S
Pellets monouso senza piedini grigi (1) S S S
Travature da demolizioni (1) x15 S x2
LV assortito (1) x8 x5 x16
Legno di demolizione x30 S S
Note RL = residui legnosi “tipici”. LU = legno usato. LV = legno vecchio. (1) Bruciato in impianto per scarti legnosi. (2)
Bruciato in impianto per legno vecchio.
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 68 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
da escludere nella fabbricazione dei
pressati di legno, le elevatissime emissioni
legate alla presenza di scarti di pannelli
truciolari e, più ancora, quella della
travatura da demolizione. In base a questi
risultati sperimentali verrebbe a vacillare il
tabu del “senza corteccia” per il pellet,
mentre viene rafforzata la difesa del “legno
vergine” (solo sottoposto a lavorazioni
meccaniche), magari da allargare – previa
ulteriori sperimentazioni – al concetto di
dendromassa vergine (legno + corteccia).
Contrariamente ai due studi citati in
precedenza, quello dell’ENPA si occupa
ampiamente anche del contenuto di
metalli pesanti, arsenico e cloro degli
assortimenti legnosi esaminati e del loro
trasferimento nelle varie categorie di
emittenza (ceneri della camera di
combustione, cenere nel ciclone, fumi
comprensivi degli inquinanti legai al
particolato fine) nel decorso della combustione.
Arrivati così alla fine dell’argomento degli
inquinanti minori ad elevata tossicità risultanti,
con diverse allocazioni, dalla combustione di
legno vergine e variamente contaminato, si
deve chiaramente far notare che quanto
detto in proposito è solo un grossolano
evidenziamento di alcuni dati ritenuti
importanti.
Per chi è interessato al problema si consiglia
perciò vivamente di leggere nell’originale le
tre ricerche citate di cui 2 sono scaricabili
da internet (vedi bibliografia) mentre il
terzo, che contiene
anche oltre a 50 voci bibliografiche
specialmente sui PAK e PCDD/F, può venire
richiesto alla Bayerische Landesanstalt für
Landtechnik, Vöttinger Strasse 36. D – 85354
Freising.
Cippato di
bosco
Scarti
legnosi
Legno
vecchio
Cenere
c.c.
Cenere
ciclone
Fumo
mg/kg mg/kg mg/kg % %
%
Arsenico <1 <0,5-1 <0,5-22 61 4 36
Piombo <0,1-4,7 0,2-390 3-18500 27 6 67
Cadmio <0,05-0,3 <0,1-0,63 <1-24 39 11 51
Cromo <0,2-2,4 <0,2-580 <1,7-3100 81 5 14
Rame <1-5,1 0,9-60 <1-900 82 3 16
Nikel <1-1,3 <1-150 <1-39 77 4 19
Mercurio <1 <1 <1 9 2 90
Zinco 3,4-28 1,4-1300 15-18500 33 6 61
Cloro <400 <100-
27000
68-4500 38 15 47
Elemento
Nota c.c. = camera di combustione. Nel fumo compresa la porzione gassosa e quella legata al
particolato.
Tabella 11 - Contenuti di metalli pesanti di assortimenti legnosi e ripartizione
media nei residui della combustione . Da EMPA, tabelle 1 e 3.
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 69 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
ACRONIMI IMPIEGATI NEL TESTO
AIEL Associazione Italiana Energia dal
Legno
BTZ (olio combustibile con ) basso
tenore di zolfo
C Gasolio
C.T.I. Comitato Termotecnico Italiano
CEE Comunità Economica Europea
CHP Combinate heating plant
CO2a Anidride carbonica (antica) da
combustibile fossile
CO2r Anidride carbonica (recente) da
biomasse
DMA Dendromassa anidra
EOX Composti alogenati estraibili
EPA Environmental Protection Agency
G Gasolio
G.P.L. Gas di petrolio liquefatto
HP Holzpellets
IEA International Energy Agency
ITEBE Istituto tecnico europeo per il
legno-energia
LA Legno anidro
LCA Analisi del ciclo di vita
LU Legno usato
LV Legno vecchio
Msa metro stero accatastato
Msi metro stero impilato
msr metro stero alla rinfusa
mst metro stero
NMVOC Composti organici volatili non
metano
NRW Renania Settentrionale e Vestfalia
OC Olio combustibile
P Pellet
p.c.i. Potere calorifico inferiore
P.OC Pellet prodotto con energia da
combustibili fossili
p.p. Punto percentuale
P.SF Pellet prodotto con energia da
segatura fresca
PAK Composti aromatici policiclici
(anche PAC)
(anche PAC)
PCB Bifenili policiclici (anche PBC)
PCDD Diossine
PCDF Furani
ppm parte per milione
RL Residui di legno
RP Rindepellets
SU Rifiuti solidi urbani
SF Segatura fresca
SLA Sostanza legnosa anidra
TOC Carbonio organico totale
TÜV Ente germanico per i controlli tecnici
uu Umidità riferita allo stato umido
us Umidità riferita allo stato secco
Massa volumica
IL PELLET: notizie e informazioni sulla produzione e l’impiego di Bernardo Hellrigl
Pagina 70 di 78
AULAMAGNA_n°3 - periodico di Scienze Forestali
(Qualsiasi cosa da me pubblicata viene esclusivamente fatta per uso privato,e nella mia proprietà, per studio e/o per hobby)
Le decisioni giuste vengono dall'esperienza. L'esperienza viene dalle decisioni sbagliate. (Higdon)(Arthur Bloch)
E poi ti trovi che un giorno sei tu ad avere l'arma ma non spari, perché colpire chi ti ha ferito non te ne importa più nulla. _Alda Merini_

Rispondi

Torna a “Biomassa pellet e legna”

Chi c’è in linea

Visitano il forum: Nessuno e 28 ospiti